Vini, Birre e Drink Week End Wine

Monte Grande, un Soave che sfida il tempo: il vino simbolo di Graziano Prà

di:
Marco Colognese
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copertina graziano pra

Monte Grande di Graziano Prà

L’azienda


Va conosciuto, Graziano Prà. E con lui il suo amore incondizionato per una terra che ne ha assorbito le energie, restituendole sotto forma di grandi vini; in un mondo, quello del Soave, ancora non del tutto così compreso e certamente non valutato così come si dovrebbe. Sono riflessioni un po’ amare, le sue, quando ci racconta dei suoi sforzi per dare a un prodotto dalle notevoli potenzialità lo spazio che merita nel patrimonio vinicolo italiano e internazionale.


Per me esistono dei cardini fondamentali per un vino bianco secco di qualità: il primo è la qualità stessa e qui a Soave ce l’abbiamo. Poi vocazione viticola e terroir, e anche quelli ci sono. Ancora, c’è la longevità del vino: quella ti fa capire quanta qualità hai. Quindi, se si producono vini che non passano l’estate, qualcosa che non va c’è. Poi il prezzo: se è il vino più buono del mondo ma non ha un valore di vendita adeguato non viene considerato, non entra nelle carte. In questa Doc siamo fermi al prezzo e non facciamo strada. E si stanno vendendo bottiglie sotto i due euro, così se l’unica leva è quella, diventa un problema.” 



Allo stesso modo però Graziano è un uomo caparbio che tira dritto (con successo) per la sua strada e fa parlare ai suoi vini una lingua elegante, con un lessico enologico che affascina, fatto di pulizia e rigore. Scuola enologica a Conegliano e poi i primi passi nell’azienda di famiglia:Mi sono diplomato nel 1977 e tutto quel che ho realizzato l’ho fatto solo vendendo vino, perché ci ho sempre creduto, cercando di tirar fuori il massimo e realizzando il vino più buono possibile. Ho provato a fare l’enologo in giro ma non c’era spazio. Ero già un predestinato, la strada era segnata. Papà è morto che avevo 20 anni, così io e uno dei miei fratelli ci siamo detti: proviamoci noi. Prima l’uva mio padre non la dava alla cantina sociale, la vendeva sul mercato della piazza a settembre con i mediatori che compravano per diverse realtà. A un certo punto abbiamo iniziato in una cantina in affitto, con vasche in cemento sotterranee, ci sentivamo dei pionieri. Poi un giorno mio fratello torna a casa e mi dice ‘ho un amico che cede la sua attività’. Questo amico partiva col suo camioncino e andava a Verona a vendere vino in damigiana. Bene! Dalla cisterna alla damigiana mi è sembrato un bel salto e in 4 settimane ho fatto il giro dei clienti e ho iniziato a gestirli. Si partiva il sabato all’alba a consegnare.”


Da lì in poi Prà prosegue il suo percorso e un passo dopo l’altro crea la prima cantina più piccola, nel 2001 acquisisce i vigneti della Morandina nella Valpolicella e nel 2004 arriva la nuova cantina con l’annessa foresteria. Dodici anni dopo viene acquisito Monte Bisson, un magnifico colle che con una torretta veneziana del XV secolo guarda verso il castello di Soave: proprio nella tenuta l’anno scorso è stato aperto l’elegante omonimo agriturismo dedicato a ospitalità e degustazioni. 



L’idea di Prà come vignaiolo è quella di produrre soltanto con rese basse da uve autoctone coltivate in regime biologico e prendere decisioni agronomiche il più possibile rispettose della terra. Oggi sono quaranta gli ettari sui suoli di origine vulcanica del Soave e un’altra decina in quella Valpolicella ‘allargata’ che viene influenzata dalle correnti fredde in arrivo dai Monti Lessini. Garganega e Trebbiano di Soave quindi per la maggior parte e poi Corvina, Corvinone, Rondinella e Oseleta. Quella che fa Graziano Prà è una lettura accurata e precisa del terroir che nei vini si deve esprimere al meglio e a questo proposito c’è una sua frase emblematica che vale la pena citare: “Per il vino io sono solo una guida che non migliora quello che offre la natura, ma che la conduce nella giusta direzione verso un prodotto elegante e prezioso.


Se in vigna le lavorazioni sono attente, in cantina tutto deve svolgersi con un criterio principe che è la pulizia, concetto che poi si ritrova nettamente nel bicchiere una volta versato uno qualunque dei suoi vini. Ma c’è un altro elemento importantissimo che gioca in questa direzione, secondo Graziano, fautore con alcuni suoi colleghi di un evento, gli Svitati, che ha fatto più clamore di quanto ci si sarebbe potuti aspettare. Il tema è quello del tappo a vite, argomento lui ha sostenuto e sostiene come ideale dopo anni di studio e osservazione. Il perché è presto detto, convinto com’è che questa soluzione nell’invecchiamento dei vini sia l’ideale, per evitare difetti e variazioni dipendenti da una chiusura romantica ma meno sicura qual è il tappo di sughero.



Ero stufo di sentire vini che cambiano nel giro di poco tempo, mi serviva un’affidabilità più alta per far sì che l’evoluzione fosse sempre corretta. La questione del tappo è un pregiudizio del consumatore finale, che per noi è sommelier o il  ristoratore, oltre al privato. Si è sempre vista questa chiusura su vini cheap, sui bottiglioni e ancora adesso spesso ci si sente chiedere: ‘siamo sicuri che questo vino è buono?’ All’estero questa cosa è stata ormai ampiamente sdoganata: in Nuova Zelanda il 90% delle chiusure è con tappo a vite, anche per  bottiglie vendute a 400 euro. Negli anni 2000 Cloudy Bay vendeva il suo Sauvignon Blanc a 30 dollari alla bottiglia, noi in Soave a 7/8 dollari e mi si veniva a dire che il vino col tappo a vite perdeva di prestigio! Così, per farlo accettare, ho dovuto battagliare con le unghie e con i denti contro la burocrazia.” 


I vini


Tra i Soave prodotti, ciascuno con una netta identità, è il Monte Grande a colpire per il suo fascino e la sua propensione (sebbene anche Staforte e Colle Sant’Antonio, ma probabilmente anche Otto, il primo nato) a dimostrare come il Soave abbia tutte le caratteristiche di un grande vino da invecchiamento. Nasce dal vigneto storico di famiglia con sessant’anni di vita e - come sostiene Graziano – è il ‘frutto di lunghi ragionamenti, perché nulla è stato lasciato al caso’70% Garganega e 30% Trebbiano di Soave arrivano da una resa per ettaro di 50 ettolitri.


Il Trebbiano viene raccolto a metà settembre. Per le vigne della Garganega si pratica il taglio del tralcio con la prima luna calante dello stesso mese per poi far seguire un appassimento di circa un mese in pianta prima della raccolta a metà ottobre. Si lavora con pressatura soffice e per la vinificazione si usa solo il mosto fiore, la temperatura di fermentazione è di 13°C in vasche d’acciaio. L’affinamento avviene in botti grandi di rovere di Allier da 30 ettolitri per 10 mesi.


L’abbiamo assaggiato nell’espressione dell’annata 2020: un vino di grande eleganza, complesso prima al naso con note agrumi e frutta esotica e poi in bocca con un ingresso sapido e di notevole freschezza, con una bella acidità dritta e austera. Un vino che in tavola dà già grande soddisfazione, ma immaginandolo negli anni a venire sarà ancora più emozionante da scoprire.

Indirizzo


Azienda agricola Graziano Prà
Via della Fontana, 31
Monteforte d’Alpone 37032
Verona, Italia

Tel +39 045 76 12 125

Sito web

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