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“Il vino è un’emozione, non un business”. Aubert de Villaine dice addio al Domaine de la Romanée-Conti

di:
Luca Sessa
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Domaine de la romanee Aubert villaine intervista Copertina

L'intervista

Anche la più prestigiosa delle cantine deve affrontare le sfide del tempo: riuscire a trasmettere la conoscenza vitivinicola, prevedere i rovesci climatici, far fronte alle speculazioni del mercato. Dinamiche che contraddistinguono la quotidianità delle piccole realtà produttive e delle grandi aziende, come nel caso del Domaine de la Romanée-Conti. Discreto e riservato per natura, Aubert de Villaine, che da tempo gestisce le attività della tenuta, ha deciso di raccontare alcuni suoi spunti di riflessioni, partendo dall’esplicito supporto verso la prossima generazione, rappresentata da Perrine Fenal, figlia di Lalou Bize-Leroy (Proprietario e viticoltore di Domaine Leroy e Domaine d'Auvenay, e azionista di Domaine de la Romanée-Conti) e da suo nipote Bertrand de Villaine.

Crediti AFP


Una chiacchierata intima che ha inizio con l’imminente passaggio di consegne: “Nei primi tempo continuerò ad esser presente, ma bisogna dar modo a tutti di assumersi le proprie responsabilità. È ciò che è stato fatto nei miei confronti da chi mi ha preceduto, e mi auguro soltanto d’essere stato all’altezza della storia di questa azienda”, sottolinea de Villaine, che aggiunge: “Non credo di aver portato nulla di nuovo, ma di aver contribuito a donare continuità ad una certa visione".

Crediti RDC


"Il progresso mi ha facilitato il compito in alcuni casi, ma la cosa importante è nei dettagli, quelli che consentono di produrre un gran vino”. Aubert considera il Domaine de la Romanée-Conti una azienda vinicola come le altre, che deve mettersi costantemente in discussione per preservare la qualità in ogni gesto, perché “considerarci migliori degli altri rappresenterebbe l’inizio della fine”.

Crediti Rolf Bichsel


Nel corso dell’intervista de Villaine ha sottolineato l’importanza di alcune scelte, come quella relativa all’aratura con i cavalli (“Vedere un cavallo che lavora in vigna al mattino, con il sole nella criniera, crea una bellezza che non può che far bene alla vite”) all’emozione che prova assaggiando dei vini, ad esempio il Grands Échézeaux del 1962 “che mi ha fatto provare una sensazione di perfezione”.

Crediti Luca Yeti Battaglia


A detta di de Villaine, convito che il lavoro dell’enologo debba consistere nel saper interpretare ciò che la natura mette a disposizione, anno dopo anno, uno dei grandi problemi che dovrà affrontare la prossima generazione è quello legato all’aspetto economico: “Per noi la Borgogna è un tessuto di latifondi familiari, e lo Stato deve darci i mezzi per preservarlo, per trasferire la proprietà familiare dei latifondi. Il vero valore di una proprietà vinicola, che è un business come un altro, mi sembra legato ai suoi risultati e non al valore stravagante che può assumere in certi momenti in cui la speculazione prevale sulla ragione”.

Crediti AFP


Il rischio di non riuscire a sostenere il peso economico della successione, da parte delle famiglie, porterebbe ad una possibile mossa da parte di grandi investitori francesi e stranieri ed al pericolo di veder sparire, poco alla volta, la tradizione della proprietà familiare che ha permesso di valorizzare la Borgogna. Al netto delle preoccupazioni di natura economica, ad Aubert preme sottolineare il valore della filosofia produttiva che consente ai vini della Borgogna di essere così tanto apprezzati: “Qui in Borgogna ci sarebbero tante cose che potremmo fare per facilitare il lavoro, ma ciò andrebbe a scapito della genuinità e della qualità dei vini".

Crediti Rolf Bichsel


"Secondo me ciò che rende oggi possibile il successo della Borgogna è il rifiuto di tutto ciò che rende facile il lavoro: restiamo fedeli al nostro modo di lavorare che rende estremamente identitari i vini”. Ma quale sarebbe quindi l’identità dei vini di Borgogna? “Una combinazione tra clima e terroir: alla molteplicità delle condizioni occorre aggiungere le scelte tecniche fatte dall’uomo che consentono di ottenere una enorme diversità.

Crediti China terroir


Un successo figlio anche della determinazione dei produttori, che hanno rifiutato con forza un certo tipo di classificazione: “Abbiamo saputo difenderci dalla tentazione di cedere al modello Bordeaux, la forza della Borgogna sta proprio in questa diversità. Qualche tempo fa ho trovato i forum pubblicati sulla Revue des Vins de France, in cui il ministro dell'agricoltura dell'epoca proponeva, vista la notorietà di Romanée-Conti, di utilizzare questa dicitura per un territorio più ampio”.




Aubert de Villaine chiude con una riflessione sul prezzo dei vini: “La nostra missione rimane quella di fare grandi vini. Cerchiamo di controllare il più possibile la nostra distribuzione, grazie a numeri di cassa, numeri di bottiglia, con follow-up al consumatore finale, al fine di limitare le speculazioni e lo facciamo nella maggior parte dei casi ma ciò che accade dopo sul mercato ci sfugge in alcuni casi. Per fortuna se contiamo le bottiglie che effettivamente vanno sul mercato speculativo, il loro numero rimane minimo”.

Fonte: lefigaro.fr

La foto di copertina è tratta dal docu-film L’Âme du Vin

Wine Reporter

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