I grandi Vini Mondo Vino

I Grand Cru del Domaine Arnaud e l'addio sofferto di Denis Mortet, la nobiltà ferita della Borgogna

di:
Roberto Mostini
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mortet

La Storia

Quando non nevica piove sul Morvan. Piove spesso sulle foreste del Morvan e il vento da nord che spazza le strade convincerebbe chiunque a rimanere in casa per quasi tutto l’inverno. E quando non piove le brume nebbiose si abbassano e avvolgono le abitazioni, isolandole dal resto del mondo.  Casualmente apparirà qualche squarcio di cielo blu tra le nuvole atlantiche che corrono veloci come i pensieri. Tanti pensieri.

A Gevrey Chambertin non è molto diverso, luogo filosofico Gevrey Chambertin, dove se non fosse per la luce elettrica che rischiara con toni cupi di giallo le serate buie ci si sentirebbe proiettati su un livello spazio tempo settecentesco.


Gente schiva i vignerons della Cote de Nuits, chiusi nelle loro belle case con le loro famiglie a condividere quello che conoscono meglio di chiunque altro al mondo, il pinot noir. Stanno in casa parlando delle loro cose e bevendo il proprio vino.

Muri spessi, finestre piccole, luci basse, intimismo, solitudine e tristezza velatamente compensata da una ricchezza economica mai ostentata. Qui quasi tutti fanno il vino, o sono immischiati nelle faccende collaterali che lo riguardano senza potersi lamentare dei risultati commerciali che li dovrebbe confortare.


Anche qui il freddo e le brezze rinfrescanti svuotano le strade creando un clima surreale dove solo le vigne beneficiano di quella escursione termica che consente al pinot noir di esprimersi al meglio, sui terroir migliori possibili, dove il vino ricavato avrà spesso quella fragranza aromatica cercata e ricercata ovunque, ma solo da queste parti realmente conseguita. Ma la mente è una scimmia isterica che sfugge dalla logica delle soddisfazioni momentanee, dai punteggi sulle guide, dai conteggi di partita doppia o da un conto  scalare.

C’è modo e modo per andarsene. C’è chi “si” ammala, chi provoca l’incidente, chi lo condivide, chi pensa che basta così; punto e a capo. La teatralità dell’uscita di scena di Bernard Loiseau così come quella di Denis Mortet, come dire, cucina e vino in Borgogna portati a livelli sublimi, farebbe pensare superficialmente ad una convinzione del raggiungimento di un livello terreno non superabile.


Chi ha bevuto un Clos Vougeot e uno Chambertin 2005 di Mortet o chi ha mangiato qualche volailles o pigeon di Loiseau dovrebbe avere inteso quale esasperata perfezione sia stata cercata e raggiunta. Quindi per loro poteva forse bastare così per questo giro, almeno per quello che è concesso di capire a me che ho amato profondamente l’opera di entrambi. Non voglio credere a motivazioni diverse. Quando decideranno di tornare, sarà per fare di meglio, ad un altro livello, quindi probabilmente in Tibet.

Dal 2006 le cose sono cambiate, per forza di cose e, dove il figliolo e la signora si sono trovati ad affrontare un cambio generazionale drammatico e non naturale come spesso succede da queste parti, dove le famiglie svolgono con naturalezza il loro compito di assecondare la natura e portarla dentro un bicchiere per decine di generazioni, strumenti al servizio della forza della terra e del clima di quei luoghi.


Una storia alla francese diversa, perché Denis Mortet seppe incidere con il suo stile modernista e la sua volontà sulla natura, virando il timone e facendosi notare, cosa già anomala e, diventando una star internazionale del vino. Oggi i suoi vini stanno digerendo quel minimo di violenza subita in cantina e come uno studente di collegio severissimo, dopo le sofferenze dello studio e della disciplina stanno raccogliendo il frutto del lavoro,  rivelando il carattere di chi li ha formati e ringraziando il severo addestratore che li ha resi unici. Ma si guarda avanti e quindi...


“Depuis 2006, trois prénoms portent haut le nom de Mortet. Laurence et ses deux enfants, Clémence et Arnaud, écrivent à leur tour de nouvelles pages dans l’histoire du domaine ; avec un attachement profond aux racines qui l’ont construit depuis 1956 et avec aussi un vent de liberté pour tracer l’avenir.”


E infine la gamma impressionante di cru, tra i più importanti di questa Borgogna ferita. Su tutti, il mio preferito: Chambertin grand cru. Spargete un po' delle mie ceneri lassù. Metà, l'altra metà a Meursault.

Wine Reporter

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