Mondo Vino

Champagne o Metodo Classico all'italiana, chi vince la sfida delle bollicine?

di:
Roberto Mostini
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champagne vs spumante

La Storia

Metodo Champenoise non si può più dire da parecchio. Metodo Classico si, che è la stessa cosa ma fatto in un altro posto e spesso con uve diverse. Ed è proprio il luogo a fare la differenza. Il terroir. Spesso si dice: questa bollicina italiana non ha niente di meno di tanti Champagne ordinari. È brutto fare paragoni invece, perché lassù è tutto diverso. Clima e territorio prima di tutto.


Il gesso. Lo spessore del gesso sotto i vigneti. La focalizzazione, la lente d'ingrandimento va proprio messa lì, proprio dove tutto cambia, oltre al clima e il savoir faire. Uno Champagne ti deve far lacrimare la lingua. Al sud delle Alpi invece si possono fare cose buone, ma non è giusto fare paragoni, salvo giustificare la questione sul puro tema dell'effervescenza.

Ma dove non c'è neppure molto gesso in profondità, caratterista che si identifica anche nella qualifica di grand cru o premier cru, sarà il clima freddo di lassù a farti tirare comunque conclusioni diverse.


Champagne, detto anche "vino Champagne", è protetto da una denominazione d'origine controllata la cui regolamentazione ha richiesto diversi secoli di gestazione. Il suo nome deriva da Champagne, una regione nel nord-est della Francia. La delimitazione geografica, i vitigni, le rese e tutta la produzione di champagne sono le caratteristiche principali della denominazione, insieme ad un terroir unico, ça va sans dire.

Storicamente, nel Medioevo, questa zona ha iniziato a produrre vini tranquilli e non effervescenti. Vini chiari chiamati anche "natura", la cui fama ha cominciato a superare la loro regione d'origine nel XVI secolo, attraverso un blasonato ambasciatore, il Re Enrico IV.


Poi nel diciassettesimo secolo, grazie ai talenti espressi da Dom Pérignon (il monaco della cantina dell'abbazia benedettina di Hautvillers), è nato l'assemblaggio di diversi crus e il controllo della spuma durante la seconda fermentazione. Il successo della denominazione è quindi passato da 8 milioni di bottiglie spedite nel 1850 a 28 milioni nel 1900, 100 milioni nel 1970, 200 milioni nel 1986, 300 milioni nel 2010 e 312 milioni nel 2015. Il mercato ha raggiunto 4,74 miliardi di euro, con quasi la metà delle vendite generate dalle esportazioni.


Lo champagne è una bevanda idroalcolica che è diventata sinonimo di celebrazione, di festa. Si sa, si fa con chardonnay, pinot meunier e pinot noir. Tutti insieme, accoppiati o singolarmente vinificati. Gode di un prestigio riconosciuto in tutto il mondo. Una fama inossidabile. La promozione del prodotto, commercialmente parlando, non ha eguali.


Con tutta questa storia alle spalle come fare paragoni? In Italia di vini effervescenti se ne producono ovunque e con qualsiasi vitigno, dalla Valle d'Aosta alla Sicilia, perché va di moda bere frizzante o per sperare di azzeccare un grande prodotto per competere in clima di provincialismo, ma in alcune zone si scende al campanilismo.

Poi ci si vanta dei grandi volumi e del montare dei fatturati, ma il valore aggiunto di un Prosecco o di uno Champagne rappresenta di nuovo un guado non varcabile. Sulla finezza e la profondità ci sarebbe di nuovo da segnare un limite, perché dove fa troppo caldo la bollicina diventa troppo alcolica e troppo "rotonda".


Sul tema prezzo poi ci si potrebbe concentrare un momento sui Cremant. Loira, Borgogna, Alsazia. Anche lì si fanno ottimi prodotti poco conosciuti e che costano meno di tante denominazioni italiane. Quindi a ogni livello si soffre a far paragoni, volendoli fare.

La bolla d'Oltralpe rimane mediamente contenuta di gradazione e, se non troppo dosata, anche sufficientemente secca per non diventare stucchevole. La variazione del clima però sta facendo brutti scherzi anche da loro, con passaggi estivi troppo caldi. Andremo a bere bollicine inglesi? Da chi il vino lo ama, lo beve, ma non ha mai potuto produrlo per via del pessimo clima, in via di miglioramento.


Da noi, per me, un nome, per non chiudere il pezzo senza una citazione. Di là sarebbe un vecchio Krug, di qua la Riserva del Fondatore Giulio Ferrari, che per finezza, profondità, eleganza, classe, capacità d'invecchiamento e leggerezza, non farà piangere la lingua ma rimane comunque commovente.

Wine Reporter

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