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L’Idylio è servito: Francesco Apreda sorprende con il nuovo menu Terra mia

di:
Lucia Facchini
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copertina apreda terra mia

Francesco Apreda coglie il ricordo al giusto grado di maturazione per fissarlo sul piatto col pathos degli inizi e l'acume di oggi. Il risultato? Terra mia, un percorso che eleva i grandi classici della cucina partenopea tracciando rotte universali.

Terra mia: il nuovo menu di Francesco Apreda

Circolare, salutare, cerebrale. L'approccio gastronomico moderno sta tutto nell'uso (e abuso) di parole altisonanti che dettano tendenze a spron battuto. Salvo poi dimenticarci che un dato stile di cucina, per lasciare davvero il segno, dev'essere anzitutto trasversale; un bagaglio fluido di idee, cultura e piacere, più che un codice cifrato per pochi eletti.


By the way, Francesco Apreda rientra fra i precursori di un processo a lungo relegato nel buco nero dei tabù: la capacità di celare i macchinosi ingranaggi dell'haute cuisine al profano in cerca di nuove scosse palatali. Perché il menu di Idylio è l'indice di un atlante gustativo che traccia rotte universali senza perdere il contatto con il punto di partenza: quella Campania feconda e generosa da cui un ragazzo innamorato del cibo ha mosso i primi passi verso il mondo dei grandi cuochi, mettendo in valigia i sapori sinceri della sua terra.

Il ristorante

Sono trascorsi ormai 3 anni da quando Apreda ha rodato la sua giostra culinaria al The Pantheon Iconic Hotel, fra rooftop panoramico e ristorante fine dining (recentemente ampliato con una zona privé che sta riscuotendo grande successo).



Nel mezzo una sequela di premi, menu e salti agli ostacoli per seminare una pandemia galoppante, che ha visto nascere la formula staycation con cena gourmet e vari blend di spezie pensati per i clienti: due lampi di genio a rischiarare il buio della fobia collettiva, cementando il rapporto con la platea capitolina.


Ma il Covid-19 ha scatenato pure il nostos, un desiderio latente di riabbracciare Napoli e viverla come ai vecchi tempi. "Nel periodo di stop forzato mi sono guardato dentro e ho capito di voler creare qualcosa di più intimo e personale, raccontando la Campania con un taglio diverso", spiega lo chef. L'illuminazione? Un album molto amato -Terra Mia di Pino Daniele- che ha fatto riaffiorare cibi incisi nella memoria gastronomica a lungo termine, ispirando cinque portate dalle note squisitamente meridionali.


E infatti il nuovo percorso è il soundtrack di una vita -non solo, e non tanto, di una carriera- in cui Apreda coglie il ricordo al giusto grado di maturazione per fissarlo sul piatto col pathos degli inizi e l'acume di oggi, senza facili rimandi edulcorati.

Rimane in carta il degustazione Sapidità Essenziali, frutto di un approccio nature al prodotto che mira a ridurre in modo decisivo il sale utilizzato. Ne sono un esempio la Tartare di seppia, limone e rape, condita con soia bianca, sumac e crema di limone fermentato per un diving citrico pimpante, o la Pasta in bianco con 5 radici (zenzero, lemongrass, rafano, rapa bianca e daikon) che ammantano di cremosità l'impasto acqua a farina tirato sottile, mentre l’indole salmastra di caviale e colatura di alici stimola i sensi a più riprese.

I piatti del nuovo menu di Francesco Apreda: Terra Mia

Sulla scia del “ritorno alle origini”, Terra Mia eleva (e innova) miti culinari inossidabili come il babà, la caprese o i maccheroni alla napoletana vestendoli di una cover brillante e mai ostentata. Li introduce una sala in gran forma, presente eppur discreta nel lasciar l'ospite libero di vivere il pasto con i suoi ritmi.


C'è il bravo maître Alessandro D'Andrea, affiancato da una valida spalla come Andrea Mikhail, e tutta una giovane schiera di professionisti che sa bene come creare l'atmosfera giusta, si tratti di un first date o di una tavola formale. In brigata, poi, lo chef lavora a stretto contatto con Luca Caporilli e Andrea Lazazzera.

Il menu decolla con un jet di assaggi umami dalla trama impalpabile, quasi fondente. Si scioglie in bocca la Focaccina al tè affumicato servita con pesto al basilico e alghe, un lembo di costa fatto impasto, con la freschezza erbacea che lega acqua e terra in un unico mix iodato. Sparisce altrettanto in fretta la Cupolina di zucchine glassata con latte di cocco e crema di acciughe, felice congiunzione fra i Tropici e il Mediterraneo, mentre l'Uovo di quaglia in tempura, soia, limone e zenzero spiega un ventaglio di aromi complementari, donando al morso quel vivace pungolo speziato che non ti aspetti da un mini-fritto a inizio cena.

Il calice fa la sua parte col Franciacorta DOCG Brut Francesco I, che persiste e resiste fra un bite e l'altro come seta liquida a diluire l'imprinting. Piccoli dettagli danno le prime coordinate per orientarsi nel percorso. Da Idylio il burro non c'è: al suo posto, una crema di burrata con blend di spezie scelte dallo chef e un filo d'olio extravergine di oliva. Il tutto si spalma con falsa parsimonia (per poi abbondare al secondo round) sul pane semintegrale con pepe e riso rosso, caldo di forno e ricco di sentori. Un fast dribbling fra culture che sfida la geografia già dall'entrée.

Sapori di Sud scomposti dal prisma orientale si alternano nel ghiotto tourbillon della Caprese variegata e gamberi rosa. Sul fondo un letto regale di scampi in polvere e crudi irrorati di shio koji; al centro una mozzarella di bufala servita a 38 gradi -la stessa temperatura della mungitura- che scorre aderente sul palato, tracciando una via lattea gemella, per tempra e persistenza, alla spuma di gamberi versata in superficie con aggiunta di alga kombu e latte di bufala. La pienezza del formaggio si lascia stemperare da un'insalata agrodolce di pomodorini del Vesuvio, kiwi e papaja, che insieme al tono soave del basilico porta via con sé l'ultimo residuo di caglio tiepido.


È un'onda spicy il motivo ricorrente nell'Impepata di cozze e melanzane, tutta centrata sugli equilibri salini e il coprotagonismo dell'ortaggio. Nel piatto convergono il retrogusto acidulo delle melanzane sott'olio, la rotondità harcore della ricotta di bufala e la piccantezza del mix di pepi che esalta appieno i frutti di mare stufati con limone e zenzero. Al retrogusto domestico del pane casereccio imbevuto nell'acqua dei mitili si frappone quello inedito delle cialde di olive e carbone vegetale. L'olfatto dilata la percezione di una zuppa antica che supera lo scoglio del tempo per rinnovarsi ancora una volta.

L'Idylio tocca l'apice nei Maccheroni arruscati al ragù partenopeo: Napoli su tela con un dripping generoso che unisce forza e finezza, local e global. L'idea nasce dalla pasta del giorno prima ripassata in padella per un pranzo on the spot; qui, però, viene cotta subito e arricchita da un sugo di spuntature a base di 20 spezie differenti.

Il condimento di lattuga di mare, lardo e polpettine di carne precedentemente rosolate nella salsa dà profondità senza eccessi sapidi, complice l'aggiunta del finocchio selvatico nero calabrese all'intingolo tradizionale cosparso sugli ziti. Il dinamismo la fa da padrone con stimoli cangianti a ogni forchettata, dalla bruscatura della pasta agli umori del ragù.


Pausa strategica e arriva la Sciabola alla brace "Vista Positano", quieto stretching mandibolare per congedare il salato. Sul pesce cotto alla brace, glassato con limone e guarnito con le sue foglie, finisce un ristretto composto da lupini e cannolicchi.

Grigliata e guazzetto si rincorrono a vicenda, mentre il fagottino di scarola ripieno di patate, julienne di cipolla e dadolata di pesca addolcisce il ricordo dei pranzi famigliari vista mare.


Il tour si chiude con un dessert cosmopolita laccato d'oro quale il Babà mille culture, piccolo bijoux che seduce la retina ancor prima della gola. Del lievitato old style rimane solo la forma: per la bagna alcolica Apreda usa il kraken (un rum molto speziato), per il topping panna all'alloro con perle di amarene e albicocche disidratate, più una parure di confetti indiani luminescenti. E all'interno c'è una sorpresa: gelato di mela annurca, a rafforzare la presenza scenica del frutto.


Dal toffee al candito, ogni aroma dialoga con l'altro evocando i versi di una canzone che è pura poesia:

"Napul'è mille culture

Napul'è mille paure

Napul'è a voce de' criature

Che saglie chianu chianu

E tu sai ca' non si sulo"

In testa risuona l’eco di Napoli, dolce e suadente come questa morbida sfera di felicità.


Foto: Crediti Alberto Blasetti

Indirizzo


IDYLIO BY APREDA

The Pantheon Iconic Rome Hotel

Via di S. Chiara, 4/A – Roma

Tel. +39 06.87807080

Sito web

 

 

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