Food&wine

Chef di bordo, Mario Contadino svela la verità: “Ecco come si lavora su uno yacht”

di:
Alessandra Meldolesi
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copetina mario contadino chef yacht

Da otto anni Mario Contadino ha lasciato la ristorazione classica per cucinare sugli yacht, salendo perfino sul leggendario Katara, dove dieci chef di diverse nazionalità officiano in due cucine super accessoriate. Una vita avventurosa e piena di soddisfazioni, dove l’impegno è premiato non solo economicamente.

La storia

Sulla soglia dei cinquant’anni, Mario Contadino è un cuoco realizzato. E non per il solito pallottoliere delle guide e delle stelle. Professionista da vent’anni, fra Catania e Malta, la Spagna e l’Avana, otto anni fa, stanco di ristoranti dove non si sentiva riconosciuto, si è imbattuto a sorpresa nella fortuna. “Mio cugino si occupava di grandi yacht e ha avuto la necessità di reperire i fornitori per un’agenzia di provviste, qualcosa di cui non si era mai occupato. Così ho messo il primo piede a bordo di queste navi da sogno. Poi a Palermo uno chef mi ha chiamato a tenere cene a tema siciliano e sono rimasto tre anni”. La barca ormai era salpata.


Prima c’è stato lo sceicco del Qatar, che aveva dieci cuochi per altrettante tradizioni culinarie, così se un giorno aveva voglia di soufflé, sapeva chi incaricare; e così l’indiano per il curry, addetti per il pane e per il tè. “Per l’Italia c’ero io, sotto un head chef. E mi hanno riferito che secondo la figlia, non si è più mangiato così bene”. È seguito un oligarca russo per un anno a Cipro. “Ma i soldi non sono tutto: io vivo per gli applausi”. Così da 50 metri è passato a 40, sullo yacht di un facoltoso lussemburghese. “Ma da tre anni lavoro sul 60 metri di un industriale americano basato a Washington, dove passano personalità importanti, dai Kennedy a membri della Casa Bianca”.


Constance 60m - yacht



Questo tipo di pubblico richiede un mangiare molto semplice quando è in famiglia, con pranzi leggeri; una maggiore ricercatezza in caso di eventi. Importiamo il 90% del pesce dall’Europa e in una settimana facciamo quattro giorni di cucina mediterranea, una volta sushi, una volta messicano. Amano la pizza, la focaccia, il pane fatto in casa…  Sul Katara, che era lungo 124 metri, avevamo due cucine con 4 Rational, il forno per la pizza, il top di qualsiasi strumentazione. E se chiedevi qualcosa, spedivi una mail e in una settimana venivi accontentato. Ora devo mostrare i preventivi, ma mi accontentano comunque su tutto. Abbiamo abbattitore, impastatrici, Rational, Roner. Compro caviale Beluga, le mozzarelle abbattute, perché non si sa mai che può succedere in mare, 50 chili di gamberi rossi di Mazara, scampi, king prawns. Molti rubano, ma io godo di piena fiducia: ho due carte di credito aziendali e mi muovo liberamente, poi tengo gli scontrini e ogni mese compilo un file con gli acquisti. Sono riuscito anche a ridurre il food cost”.


“Lo sceicco impazziva per il risotto alla carbonara, preparato con la pancia di manzo essiccata; questa famiglia americana per la pasta con le vongole, la Norma, con la ricotta salata della mia Sicilia, e il branzino al sale, che è scenografico e succoso. Alle Bermuda ho trovato un pescatore che appena arrivo, mi porta il pesce fresco. Il problema può essere reperire i limoni giusti, allora quando so che siamo in partenza, ne ordino una cassa dalla California, dove sono un po’ meglio; o se siamo diretti nel Mediterraneo, mi rifornisco in Sicilia, faccio le spremute e abbatto il succo. Un altro problema è il pomodoro, che in America è plastica”.



Sui guadagni Contadino preferisce mantenere il riserbo: “Diciamo che sono abbastanza”. In pratica trascorre otto mesi sul lavoro e altri quattro in Italia con la sua famiglia (“ma il titolare offre spesso i biglietti per far venire i miei cari, sono quasi di famiglia”). “Ad oggi non ho mai trovato sfruttamento. Anche i russi, che non sono espansivi per carattere, hanno sempre mostrato un grande rispetto. Io inizio a lavorare prestissimo, perché dormo poco e pur avendo un sous chef, mi piace cucinare da solo. Poi vado avanti fino a sera, tranne un riposino dopo pranzo. Ho i miei momenti di libertà quando scendo a terra per fare compere, ma capita che il titolare sia via e ci lasci usare tutta la barca. L’equipaggio è composto di diciassette elementi, che fanno otto ore di lavoro al giorno, con un servizio di tender per andare a terra e due giorni liberi a settimana. Ma io preferisco lavorare. Solo quando sono a Miami, se ho finito, faccio un salto nella zona cubana per fumarmi un sigaro”.


Non è facile lavorare in questo mondo: per entrare ci vuole fortuna, per restare abilità. Nelle barche fino a 90 metri devi saper fare di tutto, mentre in quelle più grandi conta la specializzazione. Per questo non ci dobbiamo vergognare di fare corsi di aggiornamento: io investo ogni anno cifre importanti per ampliare le mie conoscenze. Di recente ho seguito corsi di cucina cubana, messicana, sushi… Bisogna sempre cercare cose particolari perché queste persone hanno provato di tutto, ma se gli offri una novità, capiscono che ti stai impegnando sul serio”.


Foto per gentile concessione di Mario Contadino

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