Ristoranti di tendenza

Il nuovo talento della cucina ligure sorge a levante: ecco l’Orto gourmet di Jorg Giubbani

di:
Alessandra Meldolesi
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orto by jorg giubbani

Torna nel suo Levante un talento della giovane cucina ligure: è il ventottenne Jorg Giubbani, per la prima volta pienamente alla guida di un ristorante dove far bene.

La Storia

A Levante sorge il sole ogni mattina, ma di ristoranti gourmet ne spuntano ben pochi. Fa quindi notizia il ritorno di Jorg Giubbani, ventottenne di Chiavari che a suo tempo ben si difese nelle file della generazione Cremona, forte di un curriculum di tutto rispetto. Le tappe fondamentali sono due: lo stage da Quique Dacosta e ben 5 anni trascorsi alla Stüa de Michil, con gli chef Arturo Spicocchi e Nicola Laera. E di fatto l’impronta altoatesina, nella precisione maniacale, nell’articolazione dei piatti, nell’estetica ordinata e nella perizia tecnica, ben calcate sul terroir sabbioso dell’amata Liguria, era già evidente in quella che restava purtuttavia un’osteria, Capocotta a Sestri Levante. Prima del passaggio a Milano e di un anno alla prestigiosa Meridiana di Garlenda, che già aveva lanciato nell’uranio gastronomico il genio di Luigi Taglienti.


Dal 6 dicembre Giubbani ha poggiato le valigie a Moneglia, presso la reception dell’hotel Edera, con cui collaborava da un paio d’anni nel quadro di una consulenza informale. Qui nelle cucine del ristorante d’albergo, l’Orto ritrovato, continuano ad affaccendarsi le sorelle Orietta ed Edi Schiaffino, che già gli chiedevano lumi al momento di cambiare la carta o selezionare i fornitori. “Persone sincere, professionali, rispettose, desiderose di investire e di aggiornarsi. Quando mi hanno comunicato l’intenzione di fare il salto nel gourmet, ci siamo detti: Perché no? Proviamo!”.



Orietta non era la solita autodidatta: sul suo curriculum figurano corsi all’Étoile, da Cast Alimenti e Hangar78, il diploma di sommelier e poi degustatrice AIS, che le consente di seguire la cantina. Ne fanno una regista consapevole e ambiziosa del cambiamento; mentre Edi ha le mani nella pasta fresca, fra cui spiccano i corzetti personalizzati, eseguiti con lo stampo artigianale di Pietro Picetti. In carta, ma solo per i clienti dell’hotel, ci sono 12 piatti, 3 per comparto, uno tradizionale, l’altro evolutivo, il terzo antiage.


Poi ci sono Francesca Sella, figlia di Orietta, che segue la sala, e il padre Angelo, factotum che cura l’orto (anzi gli orti) che danno nome al ristorante. Il primo adiacente l’hotel, per le erbe aromatiche; l’altro al Castello di Moneglia. Soprattutto si prende cura della vigna di un ettaro e mezzo, ripiantata da qualche anno a sangiovese con la complicità di Walter De Battè, sperimentatore infaticabile che così commenta: “Proprio ora sta svoltando”. È il Vigna ritrovata, che si può assaggiare solo in struttura.


Quando Giubbani ha detto sì, sono partiti i lavori per separare una parte della sala, dove offrire una cucina d’autore anche ai passaggi esterni: l’Orto by Jorg Giubbani. Ma sono già in agenda per il mese di febbraio altre migliorie, che porteranno la quarta stella sull’hotel e un maggior agio ai fornelli, già ben equipaggiati. Mentre le forniture erano già sintonizzate: oltre agli ortaggi propri, il pesce locale, anche azzurro, carni scelte in giro e tante piccole attenzioni, dal miele grezzo alle nocciole misto Chiavari. “Ho due o tre barche che di prima mattina iniziano a messaggiarmi, posso prenotarmi e aggiudicarmi pesce non fresco, di più”.

Foto di Lido Vannucchi

I Piatti


Il concetto è quello di una cucina che zigzaga su un pentagramma di tre fasce: il mare, l’orto e la montagna, che significa entroterra, ma anche memorie alpine. Protagonista tuttavia è sempre la Liguria, ma come abbracciata in un orizzonte più vasto, fatto di conoscenze, tecniche, contaminazioni temporali e spaziali. Oltre alla carta, che cambia ogni due mesi, si può scegliere fra i menu Ligustico e Interpretazioni (a sorpresa), 5 portate rispettivamente a 50 e 60 euro, con abbinamento di 4 calici (ottimi) a 20 euro. Risalta infatti la selezione dei vini, snella ma improntata alla valorizzazione delle eccellenze locali, rare e naturali, da Testalonga al già citato De Battè. Nel cestino del pane focaccia, pane bianco e al paté di olive taggiasche, airbag di pane e cracker integrali. Per rompere il ghiaccio extravergine ligure e burro trentino con sale di Maldon.


C’è tanto lavoro, tanta passione nella cura (altoatesina) del dettaglio, fin dagli ottimi appetizer, che valorizzano l’arcobaleno di colori, profumi e acidità degli agrumi locali: il macaron con foie gras e acciuga di Monterosso fatta  in casa (servita nature all’Orto ritrovato col burro di Jorg), la tartare di palamita tonnata con limone candito e polvere di capperi, la tartelletta sablé al timo con costetti agli agrumi e fieno, il cioccolato bianco con quinoa e caviale, l’acciuga fritta ripiena di ricotta e pesto con chinotto di Savona candito fatto in casa (le piante sono fuori in giardino). Appena da alleggerire nella reiterazione della nota zuccherina.


Giubbani è giovane e nei piatti si confronta a modo suo con trend e topos della contemporaneità. Per esempio lo schema binario e il “sesto quarto” di mare, con il pesce accostato alle frattaglie. Vedi il toast di testina di vitello, lessata, spolpata, condita con senape e prezzemolo, modellata in terrina con la sua gelatina, porzionata e racchiusa nel pane croccante. Viene giustapposta a uno scampo di Viareggio piastrato con doppia salsa a legare: un jus alla cacciatora con pomodoro confit, olive e funghi porcini e una lacca yakitori che spinge l’umami. Dove il riferimento è alla testa in cassetta, ma di maiale, tipicità del vicino entroterra.


Oppure, deliziosa, la seppiolina di nassa di Viareggio con la sua farcia alla ligure tradizionale (mortadella, cozze, pane ed erbe aromatiche), cotta dolcemente in forno. Si rispecchia in un raviolo evanescente e puristico di acqua di mare, farcito di una specie di spuma di mortadella all’antica su una strisciata di crema di pistacchi. Sorta di “scrigno magico” che ne geometrizza e smaterializza la struttura. Più la salsa di ciuppin, zuppa di pesce di scoglio e concentrato tipica del Levante, crogiolata dolcemente e poi passata, quasi fosse un jus à la presse. Un’esplosione di umami e iodio, quasi una bomba che ticchetta nel ricettario delle donne, mamma e nonna, di casa Giubbani. Ma c’è anche la “classica” caponada di sgombro caldo con foglie di cappero, cipolla rosa di Zerli e olive taggiasche.


Fra i primi erano già un classico i doppi plin ripieni di tocco, ragù ligure di funghi e carne intera, anche qui con una doppia salsa: jus di vitello al burro affumicato e spuma alla carbonara; più una spolverata di caffè Kafa Forest per il tostato, l’amaro, l’effetto cappuccino. Dove il concetto è doppio: l’inversione esterno/interno fra condimento e farcia e un’epitome della cucina italiana, fra due classici di regioni lontane.


Le orme raccontano che il cervo arriva dall’Alto Adige, per la precisione dai fratelli Ballardini, prima di essere spadellato al burro e lasciato lungamente riposare dal viaggio. Le verdure però sono liguri o dell’orto: il cavolo nero amarostico, il carciofo di Albenga (altrove cotto al barbecue), la scorzonera alla milanese nel panko, in ricordo del fritto misto ligure, il topinambur e la radice di cerfoglio in doppia consistenza. E il jus è infusionato alla rosa canina colta appena fuori, che imprime una suadenza floreale alla potenza della caccia.


Ma Giubbani, preciso ed elegante, brilla nei dessert. Vedi la spola fra Liguria e Trentino della namelaka all’erba luigia con gelato al latte di cabannina, razza bovina della Val d’Aveto, profumato al fieno ed extravergine in varie consistenze: il cremoso, il wafer, la torta caprese all’olio e limone, il crumble di strosciata del Ponente ligure. Una variazione di note erbacee che fa sfrecciare il paesaggio.


Per piccola pasticceria il cavolino, bignè con crema pasticciera e panna montata, immancabile nella guantiera ligure; il canestrello ribattezzato quadrestrello perché quadrato; una gelée di frutta; torrone e baciccia genovese; il sablé bretone alla mandorla con cremoso alla vaniglia, fava tonka e gel alla melagrana.

Foto di Lido Vannucchi

Indirizzo

Orto by Jorg Giubbani c/o Villa Edera & La Torretta

Via Venino 12 - 16030 Moneglia (GE) - Italia

Tel. +39 0185 49 291

Mail info@villaedera.com

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