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La prima chef stellata argentina in Spagna: “A 17 anni ho lasciato gli studi per i fornelli”. Il coraggio di Carito Lourenço

di:
Alessandra Meldolesi
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Copertina Carito laurenco

A 17 anni ho riferito ai miei che avrei voluto studiare gastronomia. Non avevo conoscenze nel settore, sono partita da sola”. La prima chef stellata argentina in Spagna spiega come ha raggiunto i suoi traguardi, dalla gavetta durante l’adolescenza al primo ristorante in autonomia. La storia di Carito Lourenço.

La notizia

Non è una stellina come tante, quella che da quest’anno decora l’ingresso di Fierro, ristorante di cucina mediterranea contemporanea ubicato a Valenza. Dietro il pass, infatti, c’è una giovane donna di 37 anni, che per giunta non è neppure spagnola. Due volte in minoranza, quindi. Ed è la prima volta che un’argentina viene premiata su suolo iberico.


Nata a Rio Cuarto in una famiglia sensibile ai piaceri della gola, Carito ama ricordare le bombette di crema pasticciera della mamma, che le vendeva anche per hobby, e il flan della nonna italiana. Quando la famiglia si trasferì a Mendoza, l’idea era quella di studiare legge, ma qualcosa andò per un verso divergente. “Studiavo per entrare all’università di Cuyo, ma mi sono resa conto che era una professione abbastanza chiusa e non avrei avuto la possibilità di viaggiare. Siccome sono inquieta e faccio molte cose contemporaneamente, mi sono detta: ‘Mi piace, ma non posso essere io’. E ho riferito ai miei che avrei voluto studiare gastronomia. Non avevo conoscenze nel settore. Sono partita da sola, mi è venuto dal cuore quando avevo 17 anni”.


A quei tempi le scuole di cucina erano rare e costosissime in Argentina. Di fatto la retta era più alta dell’affitto di casa, cosicché fu giocoforza lavorare per mantenersi agli studi, con l’appoggio di tutta la famiglia. “Facevo paste, dolci, le bombette di mia madre, mettevo dei cartelli e la gente mi chiamava. Un chilo di sorrentini ripieni all’epoca valevano meno di 10 pesos”, ricorda.


Nel frattempo, Carito aveva conosciuto German Carrizo, che sarebbe diventato suo marito e il suo socio. Fu lui, che si era trasferito in Spagna, a chiamarla a lavorare con sé quindici anni orsono. “Avevo voglia di viaggiare, ma volevo un contratto. Lo chef di German chiese contatti, di dove fossi; voleva elevare il ristorante Submarino a livelli di alta cucina, così gli parlai, ci accordammo e nel giro di tre settimane ero a Valenza”.


Ero arrivata con l’idea di fermarmi a lavorare per un po’ e visitare in seguito diversi paesi, conoscere le loro culture e i modi di fare. La verità è che non avevo riflettuto un granché. Il ritmo era il doppio di quello cui ero abituata in Argentina e una giornata sembrava fossero due e mezza. Tutti avevano sempre guardato alla Francia, ma era il momento della Spagna, dove stava nascendo una cucina moderna. C’erano molte proposte per quello che volevo fare e l’alta cucina mi ha catturata”.


Nel ristorante di Quique Dacosta c’erano 20 ragazzi e la sottoscritta, più la donna delle pulizie. Il contrasto era stridente. Ma non mi sembrava difficile, mi sono sempre sentita come loro e così sono stata trattata. Era dura perché non avevo amici né famiglia; il mio unico sostegno era German. Mi sono adattata, ovviamente. Dovevo metterci il cuore e andare avanti”.


Ne valeva la pena, se è vero che oggi Carito insieme a German guida anche altri due ristoranti: Doña Petrona, dedicato ai sapori della sua infanzia, e La Central de Postres. Ai dodici ospiti del Fierro serve piatti miscidati come i gamberi di Denia con chimichurri o salsa criolla, in cui i due mondi si incontrano. Protagonista la brace, applicata a ingredienti di stagione. “Ogni tanto ho pensato di aprire qualcosa in Argentina, sarebbe un modo per rafforzare le mie radici. Abbiamo avuto dei colloqui in proposito, si può fare. Perché se ci credi, puoi arrivare dove vuoi”, promette.

Fonte: La Nacion

Foto di copertina: Crediti Mikel Ponce

Foto nell'articolo: Crediti Ristorante Fierro

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