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Misha Sukyas: ecco Puzzle il ristorante con un solo tavolo

di:
La Redazione
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Un concept di ristorazione dal taglio internazionale e innovativo, con un unico grande tavolo che accoglie sedici commensali tutti alla stessa ora per cena.

La Storia

La Storia di Misha Sukyas


Puzzle, un concept fresco, molto internazionale e ancora troppo poco italiano, nato all’interno del raffinato contesto dell’Hotel Townhouse 33, dove gli ospiti si troveranno a cena seduti allo stesso unico grande tavolo che arreda la sala, alla stessa ora, per iniziare un’esplorazione insieme, guidata dal capitano Misha Sukyas.

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Frammenti, ingredienti, attimi, che uniti fanno compiere il giro del mondo in una sera, insieme aprono a nuove conoscenze ed esperienze; una scoperta che parte dal primo assaggio e piano piano disegna un percorso, un’esplorazione unica, differente ogni volta; ogni sera un viaggio diverso. Sedici conviviali a cui, un pezzetto alla volta, verrà svelato il percorso degustativo della serata che li attende: inizialmente ne conosceranno solo la sua composizione, ovvero 6 corse, e poi potranno vedere e gustare una costellazione popolata da paesi solo in apparenza lontani, in realtà, vicini e confinanti perché racchiusi negli aromi, gusti e sapori che identificano ogni piatto.

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Il cammino di Misha Sukyas è in continuo divenire, non ha alcun timore di circostanze esterne che potrebbero scoraggiare molti, guarda l’orizzonte che lo circonda, ciò che lo attende avanti a sé e ciò che ha passato ed è alle sue spalle, per costruire e fondere in un trade union qualcosa che accarezzi e colpisca, con eleganza, rispetto ed autorevolezza, un’impronta di carattere dalla spiccata personalità.

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Milanese di origini armene, formatosi al liceo artistico, Misha è un “visualizzatore”, un architetto del gusto con un percorso personale camaleontico come le sue creazioni. Dalla sua prima esperienza, giovanissimo, in un ristorante di famiglia a Cabo San Lucas, Misha resta affascinato dall’atmosfera corsara che respirava in cucina, dal patois linguistico del personale, dalla sensazione di appartenere a una ciurma variopinta.

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fotografia di Matteo Gastel



La sua prima vera esperienza, a 18 anni, è a Londra dove si ritrova “cuoco per caso”; senza avere ancora le idee chiare sul sogno del bottone nero da chef, il suo primo ingaggio dura venti minuti e gli vale cinquanta sterline. Da quel momento, per circa un anno, Misha vivacchia girando anche quattro o cinque ristoranti al giorno dove riceve la paga della giornata pur senza ricevere incarichi fissi. Poi, sempre in Inghilterra con Antonello Tagliabue, chef di Bice a Londra che lui considera un padre putativo oltre che un esempio di etica lavorativa, Misha impara l’organizzazione del lavoro, lo “stare” in cucina, insieme alla ricerca di qualità e servizio. Oltre che con Tagliabue, a Londra lavora con Valentino Bosch e Michel Roux.

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fotografia di Matteo Gastel



Giramondo per natura, le sue esperienze lo portano dall’Olanda (presso il ristorante “Van Vlaanderen” di Marc Philippart ad Amsterdam) fino a Sydney dove lavora al “Pier Restaurant” con Grant King, e poi con lo chef stellato australiano Peter Gilmore al “Quay”. Le sue tappe successive spaziano dalla Cina all’Indonesia; trascorre un anno “sabbatico” in India, dove dal contatto con la cucina locale – in particolare dai processi di panificazione – Misha apprende l’importanza della trasmissione dell’energia nelle proprie creazioni. Nel 2007 torna in Olanda, sempre ad Amsterdam, dove perfeziona il proprio tirocinio e apre vari locali - “De Ysbreeker”, “Bar Itala” e “Lago” di cui è chef per un anno. L’incontro fondamentale per Misha è con Moshik Roth, chef israeliano di “avanguardia spietatissima” come lui stesso racconta, e paladino della cucina “tecno-emozionale”.

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fotografie di Matteo Gastel



Come sopra, così sotto. Così recita la legge cosmica di analogia e corrispondenza dell’antico esoterista Ermete Trismegisto. Gli alchimisti, precursori della chimica moderna, cercarono di creare la pietra filosofale per trasformare qualsiasi metallo in oro utilizzando tecniche appartenenti a discipline diverse.

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La parola “alchimia” deriva dall’arabo al-khimiya e significa fondere, saldare, e racchiude in sé una caratteristica che accomuna campi diversi, dall’arte alla scienza fino alla cucina. La cucina, come l’alchimia, fonde appunto in sé scienza e arte; è una questione di ricerca anche e soprattutto personale, un arricchimento di se stessi e non solo un appagamento del gusto. La sequenza di pietanze che compongono i menù di Misha è l’equivalente di un percorso alchemico, una tavolozza di ingredienti che richiamano – sia nella preparazione sia nell’impatto cromatico della presentazione - gli elementi presenti in natura.

 

 

I Piatti

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fotografia di Matteo Gastel



Ne è un esempio lampante il suo “Muddy Waters”, un piatto che si ispira al concetto di “palude”: di per sé un paesaggio di pura natura che unisce la potenza elementale di acqua e terra, ma che nell’immaginario comune è associato a sensazioni poco rassicuranti. E che invece, nella mente e nelle mani di Misha, diventa una prelibatezza: merluzzo cotto in un fornelletto composto da cenere di eucalipto, sale vulcanico, farina di manitoba e coriandolo.

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fotografie di Matteo Gastel



Una cucina che è un connubio di ricerca gastronomica e scientifica; basti pensare al suo utilizzo del Rotavac, un distillatore progettato per separare i solventi nei laboratori di chimica, utilizzato per cucinare in assenza d’aria e in condizioni di vuoto continuo. Oppure all’uso del trapano per la creazione di molle di zucchero e per pelare le mele, o ancora degli aerografi per la distribuzione delle salse e della caffettiera per servire la salsa che accompagna il suo strudel di maiale.

10 Ostriche Krystale Normandia n°2 (nature, purè di melone, riccio)
Puzzle è aperto solo la sera esclusivamente su prenotazione: 75 euro per il menù degustazione completo di vini al calice in abbinamento, (60 euro per chi non desidera i vini); chi vuole invece ritagliarsi solo un momento di stile per l’aperitivo, verrà accolto (anch’esso solo su prenotazione) nel delicato cortile che può ospitare al massimo quindici persone. Bollicine, vini fermi al calice, crudi di pesce, frutti di mare e conchiglie alla carta.

La fotografia di copertina è di Matteo Gastel

Indirizzo

Ristorante Puzzle c/o Hotel TownHouse 33

Via Goldoni, 33 - 20129 Milano

Tel. +39 388 3681303

Mail: puzzlemilano@gmail.com

Appuntamento per cena ore 20.30 - Chiuso la domenica

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