Chef

Carolina Bazan: “I premi gastronomici? Non aiutano, ma spaventano i clienti”

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina carolina bazan

Impegno sì, ma per condizioni di lavoro eque e contro i pregiudizi sull’omogenitorialità. La chef cilena Carolina Bazan naviga controcorrente e il successo la premia. Il suo obiettivo? Riempire il ristorante, senza cercare le lodi della critica.

L'intervista

Conciliazione familiare”: le grandi dimissioni, la drammatica carenza di manodopera e le ineludibili riforme nella ristorazione non sono solo una questione di soldi. Si tratta anche e soprattutto di scelte di vita nelle quali pesano sempre più gli affetti famigliari, troppo a lungo compressi dallo sfruttamento e dall’ambizione. È il caso, fra gli altri, di Carolina Bazan, nome di punta della gastronomia sudamericana, ma anche mamma dei piccoli Iñaki e Mia.


Dopo avere ereditato e rilanciato il ristorante di famiglia Ambrosia, con la compagna, socia e sommelier Rosario Onetto gli ha affiancato l’Ambrosia Bistro e la paninoteca Hops nei dintorni di Santiago; ma è anche un volto televisivo familiare ai cileni. Ora però le sue priorità sono state sovvertite, come è accaduto a tanti di questi tempi. “Voglio cucinare del buon cibo e passare più tempo con i miei figli”, dice. “Oggi c’è molta gente che crede di poter salvare il mondo in cucina. Io sono più realistica e non ho questa ambizione. Sono una cuoca che vuole cucinare per chi apprezza e ritorna, voglio divertirmi e migliorare ogni giorno".

La chef con la compagna Rosario Onetto



"All’inizio della pandemia è stata dura. Erano appena finite le proteste e quando abbiamo iniziato il delivery, è stato molto difficile reintegrare il personale, anche a causa dei sussidi pubblici. Ci siamo presto resi conto che molti stavano ormai lavorando in altri ristoranti, cucinando o vendendo privatamente. Noi non abbiamo cacciato nessuno, ma hanno iniziato a rinunciare. È vero che le paghe erano basse e continuano a esserlo. Abbiamo pubblicato annunci su annunci sui nostri social, ma nessuno era disposto a lavorare per le cifre di prima. Così abbiamo alzato il salario minimo a 510 dollari e abbiamo iniziato ad assumere. Poi tutto è ripartito, sono finiti gli aiuti e quelli che lavoravano in casa, si sono resi conto che non potevano più viverne. I nostri prezzi però non sono saliti. Già prima della pandemia li avevamo abbassati di un terzo, perché volevamo essere popolari, mentre la gente ci considerava esclusivi. Inoltre, abbiamo deciso di aprire il lunedì, per finanziare i nuovi contratti e garantire due giorni liberi”.


“I premi non aiutano, al contrario spaventano la gente che vorresti rivedere ogni settimana. Possono attirare il cliente straniero, ma a che serve se non tornerà? Voglio la gente del quartiere, quella che lavora qui. Non nego che entrare nei 50 Best sia stato molto emozionante, ma un anno dopo l’altro, già non ci penso più. La mia energia è altrove, nel cercare di far star bene gli ospiti e riempire i tavoli. Quella è la ricompensa. Ora ho unificato le cucine del ristorante e del bistro, mantenendo gli stessi piatti, perché non posso impazzire preparando cose diverse. Ma io preferisco il bistro.  Ho sempre amato i locali raccolti, interagire con le persone, osservare le loro reazioni quando servo il piatto, quando lo assaggiano”.


L’impegno è anche personale, visto che la famiglia di Carolina e Rosario è omogenitoriale. Non ho mai cercato di essere un leader o un punto di riferimento in cucina, ma la strada che ho percorso ha fatto di me una voce. Sento di avere una responsabilità, non tanto sotto il profilo gastronomico, ma con riferimento alla vita privata. Nella mia posizione posso mostrare che siamo una famiglia normale e felice, combattendo i pregiudizi. Organizzo il tempo dando priorità alla mia famiglia. Se la gente va al bistro e non ci sono, deve capire che funzionerà ugualmente. Prima invece mi tormentavo su cosa avrebbe pensato”.

Fonte: 7 Canibales

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Foto: Crediti Ambrosia

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