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La cucina estrema di due enfant terribles della ristorazione romana: Matteo Insegno e Fabio Sardella di Rever

di:
Massimiliano Bianconcini
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Rever copertina

Avanguardia è la parola chiave della cucina di Rever, che presenta una carta audace, sfrontata, spavalda, poco incline ai compromessi, rimescolando le carte gastronomiche della Capitale.

I piatti

Non è sempre facile raccontare un nuovo locale. L’attacco può risultare banale o, peggio, forzatamente brillante per catturare l’attenzione del lettore. Le idee alle volte sono troppe e si affollano sulla tastiera, producendo impasse e insoddisfazione. Così, per questa volta, per descrivere Rever ho deciso di iniziare dai piatti in carta.

Camouflage



 Camouflage è un antipasto composto da baby verdure in diverse consistenze, funghi pioppini, chips di platano, gel di mais, estratto freddo di verza rossa. Rosso su Rosso è invece un primo piatto che presenta dei tonnarelli mantecati con succo di barbabietola e menta, fonduta fredda di gorgonzola, polvere di rapa rossa e ricotta infornata affumicata.

Rosso su rosso



Lepre al Mare è un secondo a base di lepre al burro chiarificato su bisque di crostacei, broccolo croccante, cioccolato bianco e scorza di lime. Tre piatti che offrono una panoramica sulla cucina del ristorante, che fugano da subito ogni dubbio.  

Lepre al mare



La carta ci dice che Rever è audace, sfrontato, spavaldo, poco incline ai compromessi, nonostante si stia vivendo un periodo incerto sul fronte della ristorazione. Gli accostamenti sono azzardati, al limite del possibile forse. Come inserire le chips di platano in un piatto di verdure già di per sé elaborato e complesso nelle cotture, date le diverse consistenze dei vegetali.


Non meno audace è il tonnarello che accosta barbabietola e menta al gorgonzola, ornandolo con la rapa rossa e la ricotta affumicata. Cinque elementi, oltre la pasta, anche in contrasto da gestire, se non domare. La lepre poi si intingola in una bisque di crostacei, non prima di essersi arricchita dei grassi animali del burro chiarificato, doppiati da quelli del cioccolato al latte, le cui grassezze dovrebbero essere infine smorzate dall’agrumato del lime.

Tris di mini tacos



Ho scelto questi tre piatti, ma se ne potrebbero citare altri che vanno nella direzione di giocare, sorprendere, ammaliare. Se si vuole anche “épater le palais bourgeois”, “sconvolgere i palati borghesi”, come dicevano i decadenti francesi (da me rivisitati). Il menu è una dichiarazione di poetica culinaria.


È un manifesto, come lo poté essere il manifesto futurista, che si rivolge in modo netto e univoco ai palati arditi e sfrontati, poco inclini al chiaro di luna della cucina tradizionale romana, di quella classica contemporanea e di quella moderatamente sperimentale. Da Rever l’estremo è il quotidiano e la ricerca è spinta ai limiti.  


Detto questo, non sorprende che i guitti responsabili di questo laboratorio siano due giovanissimi enfant terribles: Matteo Insegno e Fabio Sardella. Il primo è un abile direttore di sala. Spiega i piatti, li completa quando il finissage è previsto, aiuta nella scelta dei vini, difende con gentilezza e sorrisi il progetto.


Il secondo è lo chef responsabile dei contenuti estremi e scostumati che colgono di sorpresa anche chi è avvezzo a frequentare per cronaca gli accostamenti nuovi. Beata gioventù, verrebbe da dire con lo stesso occhio indulgente che i nonni rivolgevano a noi, quando le nostre azioni erano disallineate dal loro credo.



Ma per fortuna che ci sono, e che si mostrano, invece, dei giovani irrispettosi che vogliono appunto infrangere, sconvolgere, attirare l’attenzione. In tanti praticano questa lotta senza quartiere nel chiuso della cameretta. In pochissimi escono allo scoperto.

Coscette di quaglia su Demiglas alla liquirizia, scalogno bruciato e albicocca disidratata



Il progetto Rever è questo, uno splendido ed estremo rimescolamento delle carte gastronomiche nel panorama romano, partito nell’ottobre del 2020, in piena pandemia. Già la scelta di infilarsi in un settore dal futuro incerto, per i ripetuti lockdown, non poteva che essere figlia di una voglia matta di fregarsene degli schemi e della spavalderia di chi, per niente del mestiere, non vede gli ostacoli che possono frapporsi.



A 22 e 25 anni, l’età appunto di Matteo e Fabio, l’ideale prevale sul reale. E l’ideale in questo preciso caso “è quello di creare un'esperienza multisensoriale attraverso sapori, profumi, consistenze e azioni”, come spiega bene Matteo Insegno. “Per formazione, vengo dal mondo della comunicazione e della pubblicità: ecco perché ci siamo subito indirizzati verso un progetto ristorativo unico e originale.


Inseguiamo e vogliamo fare alta ristorazione, ma soprattutto sorprendere in sala. Non è una questione di riconoscimenti istituzionali o stelle Michelin; con la nostra cucina vogliamo essere considerati e lasciare il segno”.

Il ristorante

Situato nei pressi di Piazza Cavour a Roma, vicino al Lungotevere de’ Mellini, in un’area che si sta caratterizzando come un distretto di movida diffusa con locali di tendenza dislocati in stradine austere e poco sfarzoseRever a prima vista è un ristorante come ce ne sono tanti.



Curato eppure minimal nei particolari, per via dei suoi spazi ridotti, gioca sui colori lignei e terrosi. Il parquet, chiaro e segnato dai passi, scalda e accoglie al tempo stesso. Un bancone sulla destra offre sedute a sgabello per gli aperitivi, i pre dinner o anche per una cena informale. Sulla sinistra eleganti e comodi divanetti in velluto e tavolini da bistrot segnalano che il locale è ricercato, ma non sbarazzino come la cucina. L’ambiente insomma è rassicurante.  

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I tavoli, privi di tovagliato, seguono la tendenza del momento in fatto di mise en place. In totale presenta 22 sedute all’interno, cui si aggiungono le 16 del piccolo e discreto dehors. A giudicare dagli arredi, niente fa dunque presagire lo spettacolo che verrà e che Matteo descrive come “uno stupore a 360°”.


Per tornare al Camouflage, ad esempio, il finissage in sala prevede di azionare una siringa, il cui contenuto al contatto con gli ingredienti del piatto cambia colore sotto gli occhi del cliente. È un gioco che stupisce, la cui coreografia deve comunque essere tenuta a freno, perché oltre agli effetti speciali conta il gusto. La sfida è quella di tenere legati spettacolo e sapore, materie prime e stupore. “Il rischio di sbagliare è alto”, dice Fabio Sardella, “per questo faccio molte prove, fino a trovare l’equilibrio giusto fra le varie componenti”.

Tonnarello mantecato al pecorino su guazzetto di cozza



La direzione però è tracciata: non a caso lo chef cita un grande maestro dell’avanguardia come Ferran Adrià. Accanto allo spagnolo c’è il francese Alain Passard, altro novatore della cucina, i cui menu completamente vegetali hanno stupito e intrigato Sardella. Infine, tra i cuochi che stima, c’è Claudio Schiano, il suo mentore che gli ha insegnato il rispetto delle materie prime, della disciplina e dei ruoli in cucina.

Ragù di selvaggina, disco di risotto alla milanese, maionese allo zafferano



“Avanguardia” è la parola chiave della cucina di Rever, i cui piatti alle volte nascono dal gioco surreale della crew di nominare ingredienti, che Fabio dovrà essere in grado di domare e amalgamare. Nacquero così i “cadaveri squisiti” dei Surrealisti. È nato così anche il piatto Rosso su Rosso, che sorprende per irriverenza.

Baccalà in umido su crema di pachino gialla



Per Fabio Sardella, infatti, la creatività non deve avere confini. A lui piace andare fuori dagli schemi e la tecnica non deve togliere spazio all’inedito. La cucina di Rever, a detta dei due enfant terribles, è quindi elegante, di nicchia, pulita, colorata, sperimentale e senza vincoli.



Eppure, nonostante la voglia di giocare e divertire, il progetto poggia su basi solide come le materie prime locali di altissima qualità, che entrano nei piatti. Al di là degli adattamenti coreografici, lo chef ha rispetto per loro: “Il mio gioco nasce dagli accostamenti inediti, le sovrapposizioni, le doppie consistenze, l’unione di diversi sapori. La tecnica mi serve solo per trattare le materie prime, per non rovinarle in cottura”.


Il gioco, poi, investe anche la tradizione, quando presentano in accompagnamento all’aperitivo cornetti salati fatti in casa ripieni di condimento all’amatriciana, alla carbonara o al cacio e pepe. Sono talmente buoni che verrebbe voglia di chiedere un piatto di pasta della tradizione romana, che i due soci si guarderebbero bene dal servire in sala. Almeno nelle forme a noi tutti note.



Si può scegliere alla carta, oppure seguire i percorsi tematici proposti dallo chef, che sono Rever (50€), Carne (55€) e Pesce (60€). In totale sono dodici le proposte tra entrée, primi, secondi e dessert. Il costo si aggira intorno ai 40€ bevande escluse.


Accompagna il menu una lista di vini con circa 30 referenze italiane tra bianchi, rossi, rosati e bollicine. Ulteriori novità vinicole arriveranno ad ottobre con referenze (anche) internazionali, per accompagnare i nuovi percorsi gastronomici dedicati ai sapori della tradizione italiana, da una parte, e al fusion internazionale, dall’altra. Una storia che sarà tutta da raccontare.

Foto: Crediti Rever

Indirizzo

Rever 

Via Pietro Cavallini 25, Roma

Tel. 375 6704956

Sito web

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