Weekend Wine

Oreno 2018 di Tenuta Sette Ponti, la seducente complessità di un vino senza tempo, buono da subito e grande negli anni

di:
Marco Colognese
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Weekend Wine

È una realtà vinicola vasta e affascinante, quella della famiglia Moretti Cuseri. Si parla infatti di 84 ettari coltivati in Toscana e circa 70 in Sicilia e più di 700.000 bottiglie vendute complessivamente in tutto il mondo. Le aziende sono Tenuta Sette Ponti nella provincia di Arezzo, Orma a Bolgheri e Poggio Al Lupo in Maremma; in Sicilia invece si trovano Feudo Maccari in Val di Noto e Contrada Santo Spirito di Passopisciaro ai piedi dell’Etna. 


Tutto inizia negli anni Cinquanta del secolo scorso: è a quei tempi che l’architetto Alberto Moretti Cuseri acquista i primi 55 ettari dalle principesse Margherita e Maria Cristina di Savoia Aosta, figlie del duca Amedeo. Ed è Antonio, figlio di Alberto, impegnato allora nel mondo della moda e dei beni di lusso, fattore determinante per quel che riguarda un approccio differente alla comunicazione, incisivo e particolarmente efficace, a decidere di dar vita alla prima bottiglia nel 1998, frutto di una passione coltivata da giovane: “Fin da ragazzo quando facevo l’università andavo nei ristoranti, cercavo di bere poco ma bene e con gli amici assaggiavamo grandi bottiglie dividendoci il costo”


Accade con una storica varietà di Sangiovese che arriva dall’antica Vigna dell’Impero, voluta da Amedeo di Savoia Duca D’Aosta nel 1935. La vendemmia dà origine al Crognolo, nome che deriva da cornus, una pianta selvatica diffusa nella tenuta Sette Ponti, quei ponti sull’Arno che si trovano sulla strada che fa Firenze porta ad Arezzo: il più noto tra tutti, il ponte Buriano, edificato tra il 1240 e il 1277, si può intravedere sullo sfondo sia della Gioconda sia della Madonna dei Fusi, entrambe conosciutissime opere di Leonardo Da Vinci. Racconta Antonio Moretti Cuseri: “Certamente ci sono tante eccezioni, ma quando un vino comincia a passare i dieci anni lo bevo con un altro spirito; non sono un bevitore di quantità, preferisco assaggiare e quando stappo un vino che mi piace il range di età è sempre tra i cinque e i sette anni”.


Questo però non toglie che assaggiando i suoi vini si percepisca un potenziale di felice invecchiamento ben più ampio, ma è chiaro allo stesso tempo come questi si dimostrino pronti già dal momento in cui vengono messi in commercio: immaginiamo il concetto sia strettamente collegato all’idea e al gusto del loro artefice. Vini da bere e da aspettare solo se uno ne ha voglia, insomma, perché non è strettamente necessario.


Ecco perché assaggiando Oreno 2018 (prima annata prodotta il 1999), si è colpiti da un’immediatezza che pian piano acquista una seducente complessità nel calice. Un vino suadente dal bel colore rubino e di grande eleganza che si apprezza fin dal primo istante in cui si percepiscono le note di piccoli frutti rossi che lasciano spazio a un cioccolato fine e a una leggiadra sferzata balsamica. Ricco, avvolgente e insieme scorrevole, ha un finale lunghissimo che lascia il desiderio di ricominciare. Si parla di un uvaggio bordolese di Merlot, Cabernet Sauvignon e una percentuale più piccola di Petit Verdot che fermenta a temperatura controllata per circa venticinque giorni, matura in barrique di rovere francese per un anno e mezzo e per altri dodici mesi affina in bottiglia. Da godere a partire da adesso, finché si vuole.

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