Attualità enogastronomica

Ristoranti, la chiusura alle 18 è legge: la rabbia dei ristoratori dopo tutte le misure di sicurezza applicate

di:
La Redazione
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CHIUSI A CENA

Firmato il nuovo Dpcm, prevede che dal 26 ottobre fino al 24 novembre bar, ristoranti e pizzerie dovranno chiudere alle 18.

La Notizia

La tanto temuta bozza che era stata fatta circolare nella giornata di sabato è stata confermata. Così per il settore della somministrazione si prospetta un altro duro colpo.

Bar, ristoranti, pizzerie, pasticcerie, gelaterie: da domani 26 ottobre e fino al 24 novembre dovranno chiudere alle 18. Queste le nuove direttive divenute legge e annunciate da Giuseppe Conte con il nuovo Dpcm.

Il nuovo Dpcm chiarisce che i ristoranti potranno svolgere solo il servizio del pranzo. Per molti purtroppo è una limitazione fortissima, considerato che alcuni ristoranti, pizzerie e pub, per scelta organizzativa e di offerta, aprono solamente la sera a cena, in linea di massima alle 18. Proprio l’ora in cui saranno costretti a chiudere. Scongiurata anche l’altrettanto chiusura domenicale, i locali potranno rimanere aperti a pranzo. Il nuovo orario previsto, per tutti i giorni della settimana, domenica compresa, da lunedì 26 ottobre fino a martedì 24 novembre, sarà dalle 5 del mattino fino alle 18.

Un duro colpo soprattutto per la ristorazione di fascia altra che in linea di massima dovrà rivedere i propri orari di apertura e riorganizzare il sistema di lavoro, si spera, solo per un mese.

Oltre alle significative limitazioni di orario, il consumo al tavolo è consentito per un massimo di quattro persone, nel caso siano tutti conviventi.


Dopo le ore 18.00 nei luoghi pubblici e aperti al pubblico, è vietato il consumo di cibi e bevande, ma resta consentita senza limiti di orario la ristorazione negli alberghi e in altre strutture ricettive circoscritta ai propri clienti che alloggino all’interno.

Consentita la ristorazione con consegna a domicilio e fino alle ore 24,00 e la ristorazione da asporto, da consumarsi esclusivamente nelle proprie abitazioni o luoghi di lavoro.

Un duro colpo per la ristorazione e da un certo punto di vista inspiegabile, visto che solo qualche mese prima erano state attuate tutte le norme previste per mettere in sicurezza i locali, con distanziamenti di tavoli, e vari accorgimenti per tenere in sicurezza personale e clienti.

Misure che costeranno circa 2,7 miliardi di euro quelle annunciate dal governo nei confronti del settore ristorativo.


Ecco le dichiarazioni riportate dalla Fipe:

“I ripetuti annunci di chiusure anticipate hanno già prodotto la desertificazione dei locali e, indipendentemente dalle novità sugli orari effettivi di apertura, le restrizioni devono essere accompagnate dai provvedimenti di ristoro economico in termini di indennizzi a fondo perduto, crediti d’imposta per le locazioni commerciali e gli affitti d’azienda, nuove moratorie fiscali e creditizie, il prolungamento degli ammortizzatori sociali e altri provvedimento di sostegno a valere sulla tassazione locale”.

“Gli imprenditori di questo settore si stanno dimostrando persone responsabili, che rispettano rigorosamente i protocolli sanitari loro imposti, che non possono reggere ulteriormente una situazione che decreterebbe la condanna a morte per migliaia di imprese. È evidente che non si possono far ricadere le responsabilità del ritorno dell’epidemia sul nostro comparto: sono altri i fattori che hanno purtroppo causato una nuova emergenza”.

“Sarebbe una scelta disastrosa, con la disperazione e la rabbia che sta crescendo oltre il livello di guardia. La pandemia va gestita con attenzione sicuramente alla salute, ma anche riscontrando le aspettative e le esigenze del settore che il governo conosce perfettamente perché la Fipe le ha trasferite nelle occasioni di confronto istituzionale”.

“Chiediamo di poter continuare a lavorare per non morire e per questo servono, senza ritardo o inutili annunci, le misure promesse”.

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