La Storia
Indispensabili e performanti, ma anche fulgidi feticci. Poche cose per un cuoco sono più importanti dei suoi coltelli, ciascuno deputato a svolgere un compito preciso, sfilettare o tritare, spaccare ossa, laminare o tornire. Tanto che il momento della scelta è grave. Secondo gli esperti si tratta innanzitutto di privilegiare la familiarità, quell’insieme di caratteristiche che fa sentire il cuoco a proprio agio. La scelta insomma deve partire dall’abitudine oltre che dall’ergonomia. Anche le dimensioni contano: il consiglio è quello di partire dai 20 centimetri, che consentono di svolgere agevolmente quasi ogni compito. Particolare attenzione va posta sul manico, luogo di relazione con l’utente, che deve incontrare la stretta e la forma della mano.


Rispetto ai coltelli europei, quelli giapponesi sono ancora più task-specific. In generale i primi mostrano una geometria più robusta, con un rinforzo che corre dall’impugnatura alla lama e risultano preferibili per chi adotta nel tritare un movimento rotatorio. I coltelli giapponesi al contrario, affilati su un lato solo, mostrano un angolo molto più acuto sul lato del taglio, che li rende più adatti per affettare o battere con movimenti diritti, ma possono essere più difficili da arrotare e manutenere.

Attenzione però, acciaio inossidabile non vuol dire antimacchia. Poi c’è l’acciaio al carbonio, che può essere più affilato, ma naturalmente imbrunisce e può perfino arrugginire se lasciato bagnato o esposto a eccessiva umidità. In nessun caso infatti i coltelli vanno lavati in lavastoviglie, sempre a mano, perché il detersivo può risultare corrosivo e abrasivo. Un’altra accortezza indispensabile è quella di riporre i coltelli preferibilmente in un blocco di legno, senza contatto con altri coltelli od oggetti metallici, che potrebbero danneggiare la lama. Vanno infine evitati i taglieri in materiali diversi da legno e plastica, come ceramica, ferro o pietra, che potrebbero rovinare la lama.


In Italia vantiamo un’eccellenza in materia: il battiferro di Michele Massaro, geometra di Maniago (epicentro della coltelleria artigianale con Scarperia e Premana) che nel 2005 ha abbandonato squadre e compassi per rilevare l’antica forgia Lenarduzzi e trasformare un hobby in professione. È l’unico a eseguire manualmente, con tour-de-main che sono andati perduti nella roggia per i magli, tutte le fasi della produzione. Ma sa anche innovare: i suoi coltelli si riconoscono a prima vista, per il materiale brunito e i segni della forgia, il cosiddetto “brut de forge”; soprattutto perché tagliano meglio. Tanto che ormai vanno prenotati con 3 anni di anticipo. Ne produce del resto circa 4 a settimana, per un prezzo compreso fra 250 e 600 euro, con l’eccezione delle linee speciali messe a punto per star chef come Crippa.


“Secondo il mio modo di ragionare con 3 coltelli è possibile eseguire il 90% del lavoro: ne bastano uno piccolo, il trinciante e uno lungo. Uso un acciaio non inossidabile, che cambia nel tempo, e per i manici legni autoctoni, più durevoli del corno. Li raccolgo nelle fasi di luna calante, quando, come sanno i contadini, contengono meno acqua, in modo che poi non si deformino. Nel mio paese la lavorazione del ferro è tradizione dal ‘400: quel che ho fatto è stato contaminarla con la passione per l’alta cucina. Ma non esiste una tradizione italiana che possa adattarsi alle tecniche odierne: per questo ho dovuto guardare al Giappone”.

“Per un cuoco la prima scelta da fare è fra artigianato e industria. Bisogna sapere che nel primo caso il coltello richiede più cura, ma è sufficiente un colpo di pietra perché tagli in modo chirurgico, si affila subito e meglio. Il materiale aiuta, nel senso che l’acciaio inossidabile contiene cromo, che lo rende resistente all’usura, quindi è più difficile affilarlo. Il secondo step è capire quanto e come cucina questo cuoco, per poter procedere alla personalizzazione. Alla Klugmann ho fatto quattro coltelli in scotano del Carso, fra cui uno per raccogliere le erbe; mentre Crippa ne ha avuto uno ricalcato su un modello giapponese, con inserti in oro per le iniziali e l’erba. Siccome però la temperatura di fusione dell’oro è più bassa di quella dell’acciaio, ho dovuto far ricerca su come temprare il coltello e alla fine ho optato per il laser. Perché solo chi possiede la tecnica può andare oltre la tradizione. Capitolo manutenzione, occorre passare la lama spesso sulla pietra, non bagnare mai i manici, lavare senza detersivi, asciugare sempre e ungere l’acciaio con olio naturale da cucina per scongiurare la ruggine”.
Fotografia di copertina di Max Barbot e Roberto Zanzot
Indirizzo
Antica Forgia Maniago
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