Le Opinioni
Abbiamo chiesto a sette noti gourmet, autentici paraprofessionisti del settore, quale sia stata l’esperienza top del mese di aprile. Sorpresa: più outsider e stelle singole che grandi maison.
1. Chiara Agostinelli
(Ristoranti: Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma | Reale, Chef Niko Romito Castel Di Sangro | Del Cambio, Chef Matteo Baronetto, Torino)



“In aprile ho fatto tre esperienze che mi hanno molto segnata. In ordine cronologico il Pagliaccio a Roma, per me la prima volta; poi Niko Romito, prima volta della stagione, con 6 piatti nuovi; infine lo Chef’s Table Del Cambio, la seconda volta da Matteo Baronetto, a distanza di oltre due anni. Mi hanno toccata nel palato, nel cuore, nella sensibilità. Con un denominatore comune: i tre chef dimostrano di essere audaci, nella loro differenza. Genovese ama camminare sul filo come un equilibrista, anche senza rete: la sua cucina è molto personale e piena di ingredienti, ma centra sempre equilibrio e leggerezza. Con eccellenze nei primi e un babà al vermouth meraviglioso. Niko Romito mi ha stupito ancora: il piatto ha un unico protagonista in vari stati, ma è riuscito a dare dignità perfino a una trota salmonata, come non avrei mai pensato. Poi la provocazione: il rombo con la posata della carne. E il piccione con chiodo di garofano e incenso. Infine Baronetto, che usa pochissimi ingredienti e quasi non li tocca. Agisce per similitudine, che vuol dire assonanza gustativa, di testura (la puntarella che si confonde col finocchio) o aspetto (l’avocado bollito con la zucchina bomba), con una capacità creativa stupefacente. Sul servizio però vince Romito”. Ma in extremis, prima che esca il servizio, Chiara vuole aggiungere altri due nomi: Angelo Sabatelli e Antonio Zaccardi, che ha visitato a fine mese.
2. Piero Benvenuti

(Ristorante Torno Subito, Chef Massimo Bottura e Bernardo Palladini, Dubai)
“Dico Torno Subito di Bottura a Dubai: atmosfera dolce vita anni ’60, con i pattini portati dall’Italia e la sabbia di Rimini; équipe giovane, con uno chef molto bravo, Bernardo Paladini; la cucina di Massimo, semplificata ma riconoscibile, come una Franceschetta internazionalizzata. Nell’insalata emiliana, sul modello della Caesar, ha inserito anche ingredienti internazionali, un po’ come a Firenze dove ha recepito lo spirito dei luoghi. Ma la professionalità si vede in ogni dettaglio, dalla pizza ai cocktail”.
3. Fiorello Bianchi
(Ristoranti: Fernanda, Chef Davide del Duca, Roma | Retrobottega, Chef Giuseppe Lo Giudice e Alessandro Miocchi, Roma | Zia, Chef Antonio Ziantoni, Roma)



“A Roma mi sono divertito da Fernanda, Retrobottega e Zia. Mi sono piaciuti molto tutti e tre. Se dovessi scegliere, direi Fernanda, ma anche gli altri meritano. I rigatoni con estratto di radice, spuma di bufala e lumache sono un piatto molto interessante da un punto di vista di equilibri, davvero insolito al palato. Fernanda e Retrobottega hanno un servizio poco formale, Zia è più curato sotto questo profilo”.
4. Alberto Delta
(Ristoranti: Magnolia, chef Alberto Faccani, Cesenatico | Spazio 7, Chef Alessandro Mecca, Torino)


“A livello complessivo direi il Magnolia di Alberto Faccani, dove alcune piccole carenze della cucina sono state compensate da un servizio impeccabile, per me fra i migliori d’Italia in questa fascia di prezzo. Se invece vogliamo parlare esclusivamente di cucina, Spazio 7 a Torino mi ha decisamente intrigato. Penso che lo chef abbia molto talento: ama sperimentare accostamenti sulla carta arditi, nel piatto eccezionali. Porterò con me il ricordo del raviolo di calamaro di Faccani, tanto poco scenografico quanto appagante, e degli asparagi con la bottarga di Mecca, per l’equilibrio e il contrasto ben padroneggiato”.
5. Felice Marchioni
(Ristoranti: Contraste, Chef Matias Perdomo, Milano | D’O, Chef Davide Oldani, Cornaredo)


“Se la giocano Perdomo e Oldani. Il primo è una conferma, il secondo mi ha stupito per la crescita. Adesso è in formissima. Ho un debole per la cipolla caramellata, che nella versione 2019 risulta ancora più delicata. Mi ha entusiasmato. Mentre da Perdomo sono indimenticabili i noodles di capesante. Thomas Piras poi è perfetto, ma in entrambi i locali il servizio è stato pienamente all’altezza della cucina”.
6. Gianni Revello
(Ristorante Lume, Chef Luigi Taglienti, Milano)

7. Davide Ribotta
(Ristoranti: Per Se, Chef Corey Chow, New York | Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Mentone | Momofuku Ko, Chef David Chang e Sean Gray, New York )



“Il mese di aprile è stato intenso. Ho visitato ristoranti bellissimi. Dovendo scegliere, mi viene in mente innanzitutto il Per Se, dove mancavo da 8 anni, quando già la classe era indubbia. Ho però riscontrato un’eccellenza ancora maggiore per una scena come quella newyorkese, fatta di grandi numeri e tavoli che girano due o tre volte. Parlo di calma, eleganza, attenzione verso il cliente e di una cucina internazionale, di impronta classica, basata su materie prime assolute. Vedi il caviale servito quasi in purezza con purea di avocado e punte di limone. Non amo le classifiche, ma è un’esperienza che metto davanti al Mirazur e a Momofuku Ko, pur eccellenti per cucina e servizio; che a loro volta hanno surclassato Louis XV, Le Bernardin, Marea. Mentre per il vino citerei Momofuku e Blue Hill At Stone Barns, un po’ troppo orientato sul vegetale per me. Quanto ho speso? È una domanda che non dovevi farmi. Quando arriverà l’estratto conto della carta di credito ci sarà da sudare. Penso che per un paio di mesi andrò avanti a pane e acqua”.