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LSDM fa rotta sul Mediterraneo

di:
Luciana Squadrilli
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L’undicesima edizione del congresso di cucina organizzato a Paestum – dal tema “Eat well, stay well” - amplia ulteriormente i suoi orizzonti.

L'Evento

LSDM fa rotta sul Mediterraneo


È stata un’undicesima edizione più internazionale che mai, quella di LSDM – l’evento organizzato a Paestum da Barbara Guerra e Albert Sapere, ormai esportato con successo anche in diverse capitali straniere – che si è svolta nelle sale e terrazze del Savoy Hotel il 23 e 24 maggio.

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Tanti gli chef stranieri, spesso poco conosciuti in Italia e per questo ancor più interessanti, che si sono avvicendati sui palchi-cucine delle due sale principali, affiancate da un ricco programma di atelier e degustazioni dedicate a prodotti e preparazioni specifiche – dalla pasta all’aceto, dalle irresistibili fritture di Pasquale Torrente ai buonissimi gelati dei rappresentanti de La Compagnia dei Gelatieri – e dai banchi di assaggio dei numerosi espositori dei prodotti simbolo del Mediterraneo: non solo mozzarella ma anche olio extravergine, pasta di Gragnano e ripiena, pomodori, vino, formaggi, caffè.

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E infatti – come hanno annunciato Barbara e Albert in apertura – proprio per rappresentare al meglio il percorso che ha portato l’evento nato intorno al latte di bufala e ai suoi prodotti derivati a farsi contenitore di una discorso gastronomico più ampio, a partire da questa edizione comincia la transizione verso un nuovo e più significativo titolo che resta legato all’acronimo LSDM: Le Strade del Mediterraneo.

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Un cambio – o meglio, ampliamento – di paradigma sancito anche dal tema dell’edizione 2018: Eat Well, Stay Well. Proprio nei luoghi dove visse e mise a punto il suo concetto di Dieta Mediterranea il medico americano Ancel Keys, si torna a sottolineare l’importanza del cibo come fattore non solo di piacere e di gioia ma anche di benessere psicofisico. LSDM ribadisce infatti il “manifesto del cuoco moderno” che deve farsi interprete dei migliori prodotti che offre il proprio territorio (tutti quelli sopra citati ma anche legumi, ortaggi, pescato) con attenzione alla sostenibilità e al benessere – non al girovita, quella è un’altra storia – dei propri ospiti.

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Tema interpretato come sempre con creatività e interesse, in maniera più o meno “filologica”, dagli chef partecipanti. A cominciare dagli stranieri, come per esempio Joshua Pinsky del Momofuku Nishi di New York che ha presentato il piatto di pasta con cui ha vinto anche il concorso Primo di Manhattan del Pastificio De Martino: bucatini ceci e pepe, rivisitazione della tradizionale “cacio e pepe” romana dove però il formaggio è sostituito dall’hozon, crema di legumi fermentati dal gusto umami brevettata dallo chef David Chang.

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Ma pure Ana Roš che ha proposto un'insalata di diversi tipi di pomodoro con un cannolo di cialda di pomodoro farcito da crema di mozzarella e ricotta, accompagnato da cipolle sottaceto e basilico fritto. O Eduard Xatruch del Disfrutar di Barcellona, che ha presentato un’intera sequenza di piccoli assaggi e snack del menu del ristorante ripensati utilizzando il latte di bufala e i suoi prodotti – dal canapé di meringa di mozzarella con polvere di pomodoro alla multisferificazione dei tre ingredienti uniti in una “collana” tutta da mangiare – in omaggio alla triade mediterranea per eccellenza: pomodoro, mozzarella e basilico.

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E i gemelli Ivan e Sergey Berezutskiy, da Mosca – alla guida del ristorante Twins Garden – che uniscono la tradizione russa con quella italiana, affiancando la crema di mozzarella allo storione e ad altri ingredienti (dai fiori alla frutta) del loro Paese, riscoperti in gran parte in seguito all’embargo che ha reso impossibile reperire molto prodotti d’importazione.

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Dalla Svezia, invece, Daniel Berlin (del Daniel Berlin Krog) porta un insolito piatto di pasta creato per l’occasione, cotta nel saporito brodo di gallo – pelle inclusa – e servita con pelle di gallo croccante e lingua di anatra selvatica, succo di mela e liquido di governo della mozzarella: sapori intensi che rendono possibile fare a meno del sale (come molti altri piatti presentati al congresso) e ridurre al minimo gli scarti.

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Più rassicuranti, in gran parte, gli interventi degli chef italiani, che pure hanno lavorato spesso in maniera interessante sul concetto di recupero e sostenibilità fino ad arrivare a lanciare anche dei veri e propri messaggi sociali attraverso le ricette o le idee proposte. Alcuni hanno scelto di presentare un’evoluzione di un proprio piatto-feticcio, com’è successo ad esempio per quelli – curiosamente entrambi a base di melanzana - di Angelo Sabatelli e Francesco Sposito.

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Il primo, autore della ricetta scelta come simbolo del congresso, ha presentato tre differenti “step” della sua buonissima melanzana arrosto con pomodorini, basilico e burrata, rivista successivamente con olio di olive e cialda di ricotta ghiacciata e poi – presentata in anteprima – guarnita con crema di ricotta di bufala e crema di miso, in un interessante mix tra dolcezza e umami spinto. Lo chef della Taverna Estia di Brusciano, invece, ha presentato un coreografico update del suo famoso “Naturalismo di parmigiana” in cui la solanacea si fa fondente e cremosa, accompagnata dall’intensità del pomodoro e della crema di mozzarella, unendo memorie di cucina materna e scuola ducassiana.

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Puntano sul recupero di una memoria autentica ma in chiave contemporanea anche gli interventi e i piatti di due grandi chef isolani: Roberto Petza, dalla Sardegna, e Pino Cuttaia dalla Sicilia.

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Il primo, moderato dalla conterranea Eleonora Cozzella, ha presentato delle ricette semplici e bellissime – oltre che squisite – che raccontano in maniera esemplare la sua “cucina di resistenza” proposta al S’Apposentu a Casa Puddu, dove la gran parte delle materie prime sono auto-prodotte, raccolte o coltivate o arrivano da piccoli fornitori locali. Come le lumache – quelle grosse, di San Giovanni, che escono con le prime piogge estive – cucinate in maniera tradizionale con erbe e pangrattato, ma naturalmente riviste dallo chef a modo suo: finocchio, lentisco e altre erbe – quelle che mangiano le lumache – danno profumi e freschezza al piatto insieme alle foglie di agrumi (arancio amaro, arancio vaniglia, limone e sa pompia) tagliate sottilissime e rese croccanti come il pane, ma ci sono anche la bagn’e croxiou (zuppetta di cotenne con finocchietto selvatico) e la mozzarella panata in un “curry” sardo (a base di peperoncino, semi di coriandolo, finocchio selvatico) a dare sapore e consistenza al piatto, finito con un filo d’olio di lentisco.

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Cuttaia invece racconta del suo lavoro sul recupero, virtuoso e goloso, delle pelli degli animali solitamente buttate via come scarto. Quella del polpo, per esempio, ricca di proteine e collagene, frullata e poi stesa su una padella rovente, diventa una cialda croccante e profumata che copre la “crème brulée” di polpo e spuma di patate con panna di bufala.

Infine, c’è spazio anche per le provocazioni. O meglio per lanciare dei messaggi sociali legati al tema del congresso, naturalmente nell’interpretazione personale degli chef.

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Come Salvatore Tassa, che dopo aver preparato e illustrato un piatto a base di pomodorini del Piennolo e mandorle, mette tutto in una vaschetta di plastica – di quelle usate con generosità nei supermercati – e lo squaglia con il cannello, come monito per l’uso smodato di plastica che sta letteralmente invadendo il pianeta.

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O Rosanna Marziale, che presenta la sua polvere di mozzarella – l’ultima sperimentazione sul tema della chef giustamente nominata Lady Mozzarella per la sua ricerca su questo prodotto – messa in bustine su un piatto a specchio, con tanto di candela di Gragnano per “sniffare” (dalla bocca, però, premendo un dito sulla guancia anziché sulla narice) e foglio croccante di pomodoro per fare le strisce, giocando sull’evidente somiglianza con un’altra “polvere bianca”. Ma, al di là dei tanti possibili usi gastronomici della polvere di mozzarella (frullata con xantana e riso ed essiccata lentamente in forno fino a farla asciugare), non si tratta di una provocazione fine a se stessa ma di un messaggio profondo e pensato visto che, oltre che della creatività della Marziale, è anche frutto della sua collaborazione con la comunità di San Patrignano: “Stare in forma non vuol dire sono non avere peso superfluo ma anche riuscire a nutrire la propria parte creativa e riuscire ad affrontare le emozioni quotidiane, anche quelle negative, in maniera sana e senza bisogno di far uso di sostanze. Chi produce e prepara cibo dispensa energia vitale positiva”.

E i due giorni di LSDM – incluse le tre serate conviviali a base di carciofi, pizza e pasta - ne sono stati un chiaro esempio.

 

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