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Marche in gran spolvero al primo Meet In Cucina di Senigallia

di:
Alessandra Meldolesi
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Il primo congresso regionale Meet in Cucina ha portato sul palco una cucina straordinariamente varia e vitale ma anche territoriale e tecnica.

L'Evento

Marche in gran spolvero al primo Meet In Cucina di Senigallia


È stato il fondatore della nuova cucina marchigiana, Lucio Pompili, a inaugurare Meet in Cucina Marche, prima escursione extra abruzzese del fortunato congresso regionale ideato e organizzato da Massimo Di Cintio.

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1 Lucio Pompili DSC03919
1.2
Uno chef pioniere sotto tanti profili, per la tecnica culinaria, vedi sottovuoto e Pacojet negli anni ’80; ma soprattutto per concetti quali l’autoproduzione delle materie prime, praticata da tempi non sospetti, il radicamento nelle tradizioni rurali e nel tessuto produttivo del territorio, l’impegno nell’associazionismo, dalle 6 Mete ai Cuochi di Marca.

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3 _AND5460 Lucio Pompili
4 _AND5466 Lucio Pompili
Precucina pura, quindi, nel pane con l’olio appena franto e in quello con prosciutto di cinghiale proprio stagionato 3 anni, quasi un pata negra. Poi la caccia, passione e hobby di Pompili, attraverso due ricette: i cappelletti classici con brodo di beccaccia ristretto, cremoso di Parmigiano e tartufo bianco e la Santa Alleanza, che riassembla il piccolo volatile con petto e filetto appena spadellati, coscette brasate e crostino di rigaglie. Sul palco con lui la moglie Cristina, le figlie Jennifer, Caterina, Rosita, Isotta e due nipotini.

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6 _AND5474 Danilo Bei
Danilo Bei del ristorante Emilio ha scelto poi il tema dell’improvvisazione, esplorato attraverso due ricette. Prima la cicala con spuma del suo brodo al finocchio, sedano croccante e finocchietto bastardo, per l’espressione aromatica del territorio.

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Poi gli scampi, altri crostacei di stagione, cotti sulla pietra lavica con foglie di vite, lavanda e vino rosso, per guarnizione la crema di zucca, per salsa la bisque delle teste, trasformate anche in cialda. In abbinamento un drink di succo di uva fragola e Prosecco. Hanno chiuso i ravioli tipo aglio e olio con prezzemolo, vongole e alici, arrotondati dalla burrata.

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11 _AND5498Mauro Uliassi
Poi Mauro Uliassi, la cui creatività riposa sul cuscino dell’autenticità e di gusti ben leggibili da tutti, a partire dalla mescolanza di terra e sabbia, pesce e carne propiziata da ogni refolo di brezza. Altrettanto friendly è il gusto, dove la ricerca non abiura il familiare in favore degli spigoli, ma lattico, dolce e morbido entrano in circolo con i più intellettuali acido, amaro e umami, per una cucina universale. Era il grande fotografo Mario Giacomelli, del resto, a esortare il giovane Mauro a “non dimenticare la memoria”.

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Ottima e defaticante l’acqua di conditella, sorta di liquido di vegetazione di un’insalata sbagliata messa sotto pressione, con lumache, pane e gelato di baccelli di fave, per rappresentare il paesaggio dei fossi con pennellate di clorofilla. Un piatto a firma di Mauro Paolini.  A seguire il Mare dentro, miscellanea di frattaglie in stile pil-pil con erbe aromatiche e rabarbaro per l’acidità di una finanziera. E tagli insoliti del rombo: il collo, indistinguibile da una spalla di coniglio, e la testa ai tipici profumi delle Marche.

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15 _AND5514 Errico Recanati
Errico Recanati ha delineato la sua “tradizione alla terza”, nel senso della generazione e anche dell’elevazione a potenza attraverso il medium della brace. Il fumo è infatti l’ingrediente invisibile della sua cucina, oggetto di ricerca incessante, dai legni alle tecniche. Quindi la patata nel Conero, affumicata con legno e foglie di corbezzolo, maggiorana e finocchietto selvatico, servita in doppia consistenza con moscioli, estratto di prezzemolo, emulsione di ricci e una cialda perfettamente trasparente di patata fritta, più tutti i profumi del mare, dalla ginestra alla lavanda.

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17 _AND5530 Errico Recanati
Poi i tortelli di tordi confit, con estratto brodoso di tenera ascolana, caramello di pomodoro arrosto e limone sferificato alla brace per ricostruire il classico salmì: tecniche contemporanee e profumi ancestrali. Né poteva mancare il vincisgrasso montato al momento, con la pasta appena cotta, il grasso affiorato dal ragù classico usato per cuocere il pomodoro a bassa temperatura durante un’ora, in modo da salvaguardare la freschezza, le rigaglie, la battuta di marchigiana, la besciamella in forma di salsa e di cialda; al posto della gratinatura una passata di cannello al tavolo.

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19 _AND5538 Michele Biagiola
Michele Biagiola ha ringraziato il Signore a modo suo. La pizza come pietanza e non piatto unico, per cominciare, dimezzata nelle dimensioni e guarnita alla puttanesca di zucca o con caciotta e limone.  Intervalla piatti salati, come il finto terriccio alla ricotta con erbette, insalata ludica e antitecnica.

20 _AND5542 Michele Biagiola
Oppure il minestrone, da cui le verdure “cotte in tutti i sensi escono sempre sconfitte”. Viene rivisto con una tecnica di doppia cottura, alla maniera di un doppio brodo, in modo da scongiurare l’ossidazione e sommare dolcezza a rotondità, freschezza e clorofilla, usando vegetali anche diversi dal solito, che risulterebbero altrimenti invasivi. Più croccanti giuggiole crude, erbe e una purea vegetale densa.

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22 _AND5548 Stefano Baiocco
Straordinario l’intervento di Stefano Baiocco, fuoriclasse di Villa Feltrinelli. I suoi cinque piatti hanno delineato una cucina tanto tecnica quanto varia, con spunti francesi, spagnoli e giapponesi armonizzati in uno stile personale, che non disdegna la sorpresa e lo spettacolo.

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Quindi l’impressionistica quanto puristica insalata di trota; la frittura di gamberi con l’infusione della testa fritta nella pelle di latte, per la sensazione di burrosità, l’estrazione di altre teste, il ragù delle zampette e il limone confit in pomata; l’ancor più monografico tiramisù ai porcini, sul confine fra dolce e salato; due trompe-l’oeil, la finta burrata affumicata di melanzana bianca con salse di pomodoro e di arachidi al miso e il tartufo cofirmato dalla pasticciera Annalisa Borella a base di caffè e cioccolato, sul filo della terrosità.

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27 _AND5593 Stefano Ciotti
Stefano Ciotti è nostrano sull’insegna, ma anche per ingredientistica e spirito delle ricette. La prima ha dearcheologizzato un succedaneo dei tempi di magra: le barbecche, radici preparate alla maniera di una cotoletta, passate sottovuoto, poi doppiamente panate e fritte al burro chiarificato, con un’emulsione al tartufo per l’effetto cotoletta bolognese. Sul piatto affiancano barbecche fermentate per l’acidità che sgrassa e lamelle di castagna cruda.

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Poi il cefalo di scoglio, pesce povero e sublime, affumicato a freddo e ridotto in tartare semicotta con succo di cavolo nero e“pesto al contrario” di pinoli con poco basilico. In chiusura il risotto al Verdicchio con siero di pecorino mantecato al burro acido, per la massima freschezza, e un disco di miscela di noci, zenzero, combava, cioccolato bianco, burro e zafferano a smorzare le punte con la morbidezza.

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Moreno Cedroni non è solo un cuoco giocoso: la sua bandana cinge riflessività e cultura. “A Capo di Buona Speranza ho visto i due oceani che si fondevano, di colori diversi: per me l’immagine di tradizione e innovazione”.

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Le sue contaminazioni corrono oggi sul confine col passato, nello specifico con la cucina di corte. Il primo piatto di cefalo si è ispirato a una ricetta rinascimentale di mandorle tipo ajo blanco, attraverso l’assemblaggio di cavoli, cedro candito e noce di Macadamia. Poi la seppia in dumpling con verdure.

Tutte le fotografie sono di Andrea Straccini

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