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Davide Rizzi, professione culinary gardener: più che un lavoro una missione

di:
Lido Vannucchi
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Abbiamo intervistato Davide Rizzi, Culinary Gardener di Borgo Santo Pietro, il coltivatore personale di chef Mattei. 

L'Intervista

Intervista a Davide Rizzi


Davide, presentati. Anni, studi, idee, pensieri. Gli anni sono quelli di un giovane 40enne con studi musicali al Conservatorio di Modena, un diploma di Laurea in Chitarra Classica e una carriera di concertista alle spalle. Ho fatto studi di kinesiologia e massaggio sportivo CONI, praticandolo per alcuni anni.

Dopo un anno passato in India come project manager per un progetto post-tsunami sono approdato al giardinaggio e alla scoperta dell’agricoltura biodinamica che mi ha aperto la porta allo studio della materia e di cosa stia dietro di essa.

Ciò che sto imparando a fare, grazie al meticoloso e quotidiano lavoro in campagna, è di ricercare sempre una qualità nutrizionale migliore, e questo aumentando la vitalità degli alimenti.

Da piante vigorose, che riescono a vivere in condizioni estreme come forti escursioni termiche o lunghi periodi di stress, ci sono le basi importanti perché le forze vitali, al momento della maturazione stagionale, possano tramutarsi in valore nutrizionale, ossia vitamine, proteine nobili, minerali etc.

Mangiate una fragola, sana e rigenerata, direttamente dalla pianta biodinamica, e comparatela con una di quelle comprate al negozio e raccolte ancora immature... provare per credere...

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Definisci la tua professione di Culinary Gardener.


È una bella professione che potrebbe creare nuove specializzazioni lavorative nel mondo contadino. In due parole sono il consulente-produttore personale di “essenze” vegetali dello chef di cucina.

Quando arrivo in un luogo nuovo entro sempre in punta di piedi, parlo con i vecchi contadini della zona che detengono il sapere su quella terra, scopro le tecniche usate, le varietà più adatte al clima e al suolo, ricerco sementi autoctone, spesso molto antiche e forti.

Il primo passo è “culturale”, di conoscenza, di accettazione, di empatia col luogo e con la gente del luogo, di ascolto delle storie antiche ricche di una saggezza popolare ancora viva.

Poi inizio a prendere possesso dell’orto, ricerco e produco varietà locali e da tutto il mondo, dai germogli alle verdure, dai fiori edibili alle erbe aromatiche, dagli alberi da frutto ai frutti di bosco. Dove sono ora produco circa 60 varietà diverse che vanno ad arricchire la fantasia degli chef aumentando il valore dei piatti.

La mia ricerca si estende al meraviglioso mondo del “seme” a cui dedico gran parte della sperimentazione creando nuove varietà di vegetali con tecniche di “genetica gentile” attraverso la conoscenza dei pianeti e del loro influsso sulle piante. Questo è ciò che deve fare il “culinary gardener”, essere un buon conoscitore del passato e operando nel presente rivolgersi al futuro!

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Come trascorri le tue giornate?


Osservando qui, osservando là, seminando, trapiantando, raccogliendo, studiando, disperandomi, esultando improvvisamente, assaggiando e infine ancora osservando qui e là!

La natura è un libro aperto, possiamo solo metterci in ascolto, in quiete di pensiero.

-Mi dicono che la Biodinamica sia una stregoneria, tu che mi dici, io non ci credo, e ho le mie buone ragioni. Il termine “stregoneria” è spesso oggetto di tabù che sollevano paure sconosciute e c’è tanta ignoranza al riguardo. Il termine “bio-dinamica” sta ad indicare “vita in movimento”, il che è molto interessante.

La vita non ha una formula chimica né tantomeno matematica, ma è il risultato di forze e informazioni che sommate insieme ci portano a fare “esperienza fisica” ogni giorno attraverso la materia.

È un po’ come dire: oggi ho mangiato un pomodoro verde zebrato, ma quali forze nell’universo hanno attivato i geni per costruire il pomodoro verde zebrato?

L’agricoltura biodinamica studia quelle forze che diventano forme, colori, sapori, profumi, forze che muovono dal cosmo, dai pianeti, dalle costellazioni, forze che non si vedono ma che ci sono... e che funzionano!

Dire che la biodinamica sia una stregoneria pare quasi un giudizio di chi “non sa”, di chi non conosce. Chi sa, chi ha sperimentato – perché le cose “dette e ripetute a pappagallo” non funzionano e bisogna sempre sperimentare – chi sa cos’è la biodinamica non direbbe mai che è una stregoneria, direbbe che “funziona”!

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Mangeremo ma non ci nutriremo.


Beh, mi pare sia sotto gli occhi di tutti, tanto cibo sulle tavole e tanto aumento delle malattie come l’obesità, il diabete, la celiachia, solo per citarne alcune. Rudolf Steiner parlò di questo negli anni 20 del secolo scorso a seguito della crescita della rivoluzione industriale.

I contadini del tempo chiesero di essere “illuminati” riguardo nuove tecniche di coltivazione perché le patate non erano già più buone come un tempo e i cereali perdevano velocemente potere di germinazione. Tutto questo succedeva nel 1924!

Quando affidiamo la preparazione del nostro cibo a una macchina che lo semina, lo coltiva, lo raccoglie, lo confeziona e lo spedisce al supermercato, sicuramente non sarà più un cibo carico di forze vitali, non sarà un cibo pieno di “amore”.

Non è un problema di quantità ma di qualità!

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Che cosa comporta per un cuoco avere un orto curato da un buon Culinary Gardener vicino alla sua cucina?


È un grande privilegio avere un orto vicino alla cucina, pensiamo alle dimore dei grandi signori, ogni castello aveva intorno un orto-giardino, pensiamo all’hortus conclusus dei monaci... L’orto ha da sempre rappresentato l’unione con la “materia”, con il cibo, il corpo e lo “spirito”, l’anima, la bellezza.

Nel nostro tempo lo chef, spesso intento nel “chiuso” lavoro di cucina, perde l’ispirazione della natura. L’orto allora lo richiama all’aria aperta, lo stimola al reale contatto con profumi e sapori freschi, lo incanta con colori e forme di bellezza straordinaria. La sua cucina avrà sempre prodotti di altissima qualità, freschi, appena colti. Nella mia decennale esperienza ho visto che la visita all’orto dei clienti, prima o dopo il pranzo al ristorante, aumenta la qualità del prodotto finale.

La “verità” sul cibo che si mangia, il fatto di vederlo realmente prodotto in orto, la bellezza e l’armonia che si percepisce, sono già parte del servizio di ristorazione che prosegue con l’eleganza e bontà dei piatti sapientemente cucinati dagli chef.

Spesso faccio un “orto-testing” per assaggiare le verdure direttamente dalla pianta. È un’esperienza sensoriale di grande effetto, sensoriale perché tutti i sensi sono coinvolti, dal tatto, all’olfatto, all’udito, dalla vista al gusto.

Perché io che da domani farò il cuoco dovrei assumerti?


Puoi anche “non” assumermi! Comunque mai per dovere, sempre per piacere!

Il culinary gardener dà stimoli per migliorare, farà assaggiare sapori che mai uomo sulla terra ha provato, darà una spalla su cui piangere, è un amico con cui giocare, progettare, divertirsi, è un’ombra che ti seguirà passo passo, ti prenderà per mano per accompagnarti in quella “selva oscura ché la diritta via era smarrita”, solo per te farà crescere verdure “nuove” che in nessun luogo potrai trovare.

Se davvero vuoi assumere un “culinary gardener” dovrai rassegnarti ad assumere me perché in Italia questa figura è ancora assente. Lo potrai trovare negli Stati Uniti, in Francia, forse anche in Inghilterra, ma in Italia per ora siamo in pochi, forse due!

Davide parlami seriamente di alcune piante e alcuni piatti.


Si, finalmente! Lasciamo stare quelli che ormai sono di pratica comune come la portulaca, il coriandolo limone, così come l’acetosa limone, il basilico liquirizia e tanti altri, e passiamo direttamente alla lunga schiera dei gerani odorosi, quelli citrodori, al mandarino, all’arancio e altri, utilizzati in cucina a Borgo Santo Pietro dallo chef Andrea Mattei, per fare salse da accompagnare a pasta fatta a mano con grani antichi e semi di canapa saltati.

Ricordiamo lo Spinacio del Malabar, pianta rampicante semitropicale con foglie carnose, utilizzato da Andrea così com’è, appena colto, con salsa di semi di soia.

Passiamo a Firenze, alla Bottega del Buon Caffè, dove Antonello Sardi utilizza fiori di Nasturzio, basilico greco, pomodorini gialli, finocchietto selvatico, patate viola e rosse, fiori di erba aglina, timi, salvie, garofanini del poeta, bocca di leone.

Stiamo progettando un piatto con il melone di mia coltivazione e creazione, chiamato melone David, buccia bianca, polpa aranciata, gusto intenso e dolce, ma la particolarità è che ha un profumo persistente di banana.

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Come ti rapporti con i cuochi con cui collabori?


I cuochi sono strani esseri pensanti! Pensano, pensano, pensano poi vengono in orto da me e trovano quell’erbettina che non conoscevano e che stavano cercando da tanto tempo... ma non potevano venire un po’ prima invece di fare tutta quella fatica?!

Ci facciamo una bella passeggiata in relax, parliamo di cose innovative e costruiamo quello, distruggiamo quell’altro, semplice così com’è la vita...

Seriamente, la collaborazione è stretta, se vuoi avere ottimi risultati. Tutto parte dall’idea di un nuovo piatto, dove di solito c’è solo una struttura esterna.

Il mio consiglio va nella direzione della sostanza, del gusto. Io curo l’aspetto nutritivo, della bontà e della bellezza, perché un ortaggio deve essere bello a vedersi, buono al gusto e altamente nutritivo.

Che ne sarà di voi, come ti vedi fra 10 anni, in che direzione sta marciando la tua professione?


Beh, 10 anni è una è un bel numero... diciamo che oggi mi sto dedicando all’aspetto medicinale dei vegetali che coltivo e quindi al miglioramento nutrizionale di chi mangia.

Abbiamo dimenticato cosa si intenda per persona sana, come pensa una persona sana, qual è il colorito dell’incarnato di una persona sana, come si muove una persona sana... tra dieci anni vorrei essere una persona sana!

Mi sono dimenticato la domanda più intelligente che ti avrei dovuto fare, mi rispondi a caso, la fantasia non ti manca.


Ok, a caso. Se vogliamo parlare seriamente possiamo solo parlare di qualità, quella qualità che ha fatto dell’Italia la principale “icona” al mondo.

Il made in Italy non è infatti solo un vuoto modo di dire ma espressione del fare e dell’essere degli italiani.

Detto ciò, caliamoci nel mondo del “culinary gardener” che può vantare di una sua propria classifica di merito stellata:

  • “culinary gardener” a una stella produce cibo di alta qualità a livello nutrizionale, buono e bello a vedersi. Coltiverà varietà difficilmente reperibili.

  • “culinary gardener” a due stelle per lo chef che vuole di più! Lavora col metodo biodinamico per una qualità “superiore” dei prodotti.

  • “culinary gardener” a tre stelle. Si aggiunge, alle precedenti, la capacità di “raccontare” e “spiegare” agli ospiti i segreti dell’orto, di consigliare erbe salutari perché ne conosce il potere terapeutico. Utilizza il potere della musica, delle frequenze, della proporzione aurea per abbellire l’orto di forme e oggetti.

  • “culinary gardener” a quattro stelle che, oltre alle sopracitate professionalità, sarà in grado di crescere vegetali “nuovi” creati ex novo dopo lunghi esperimenti in campo, prodotti unici, nuovi sapori, nuovi odori, nuovi colori, nuove forme... un’esperienza unica per chi li assaporerà!


A voi chef la scelta giusta, scegliete un bravo “culinary gardener” per la prossima stella!!!!

Come ben si può imparare dalla natura: quello che puoi sognare, lo puoi realizzare!

 

Intervista di Lido Vannucchi a Davide Rizzi, culinary gardener di Borgo Santo Pietro

Tutte le fotografie sono di Lido Vannucchi

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