Chef

Paolo Griffa e il piatto vincitore del San Pellegrino Young Chef

di:
Alessandra Meldolesi
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Il vincitore racconta il suo piatto espressione della cucina italiana ai tempi della globalizzazione, e di alcune modifiche che verranno apportate in vista della finale mondiale che si terrà il prossimo giugno all’interno di Expo Milano 2015.

L'Intervista

L'intervista a Paolo Griffa

L’italia? È anche il mondo. Lo sostiene Paolo Griffa del Piccolo Lago, vincitore a Identità Golose del concorso San Pellegrino con un piatto che ritrae la nostra tavola ai tempi della globalizzazione. Per contaminazione e per contrasto, di tipo culturale, termico, organolettico: un’istantanea mossa come un panning, sul pulsante il polpastrello di un cuoco ventitreenne che ha girato per il mondo.


“Ho scelto di proporre due frattaglie, un tempo poverissime: la trippa in umido di carote e il foie gras marinato, servito quasi congelato. Sopra diverse verdure, ciascuna preparata con una tecnica a parte: la cipolla sottaceto, i carciofi sottolio, il cavolfiore fritto, la taccola sbollentata con poco olio piccante, la rapa abbrustolita a ‘cannello’. In modo da dare croccante alla trippa, che forma una rete. Sta a rappresentare l’italianità, perché viene preparata in tutto il paese nei modi più svariati; io ho scelto quello prossimo alla tradizione piemontese. Ma è anche il punto di partenza del mio viaggio di formazione, visto che le verdure sono un ricordo dei miei stage in giro per il mondo, dal Belgio alla Danimarca. Mentre il foie gras ricorda la Francia, dove mi sono fermato per 6 mesi, allo Chateaubriand e da Séptime. Quindi c’è la storia della mia vita.



Il foie gras in realtà è molto fresco, perché contaminato dall’Asia attraverso la marinatura con zenzero, yuzu, wasabi, pepe di Sichuan. Sullo stile di un carpaccio italiano, dato che è una miscela liquida di succo di agrumi e acqua di mare. In questo modo si crea un paradosso gustativo divertente, perché la trippa calda e avvolgente, pur essendo magrissima, genera una sensazione di grassezza, mentre il foie gras, grazie agli agrumi e alla temperatura, finisce quasi per ripulire il palato. La presentazione sui sassi risolve diversi problemi logistici, perché la pietra calda mantiene la temperatura della trippa, mentre quella piccola, congelata, evita che il foie si surriscaldi.



Quindi c’è la tradizione, perché il gusto italiano va rispettato. Ma anche contaminazioni che riportano a un’attualità fatta di immigrazione ed emigrazione. Bottura mi ha suggerito di regolare meglio l’acidità, ma in generale tutti i giurati hanno insistito affinché italianizzassi il tutto in vista della finale mondiale, e in effetti sto già pensando a diverse variazioni. Per esempio sto cercando un foie gras italiano, il colore delle pietre cambierà e le verdure non potranno che seguire le stagioni, di qui a giugno. Ci sarà anche una sorpresa di cui non posso parlare.


Se mi aspettavo di vincere? Sì e no. Nel senso che più di così non potevo fare. Per me non è la prima vittoria a un concorso, e avevo pensato fino allo sfinimento ai minimi dettagli. Dall’impiattamento alle posate nuove, dalla selezione dei prodotti, con gli ingredienti iperfreschi recapitati il lunedì, alla tecnica migliore per non rovinarli”.

 

Fotografie di Sonia Santagostino

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