Tradizione e ricercatezza

La svolta gourmet di Marco Davi ad Aprilia

di:
Alessandra Meldolesi
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Da Perbacco alla Contessa un mix di conoscenza, divertimento e passione: dentro la cornice a giorno di una villa nobiliare, la cucina è del mercato e la carta quotidiana.

La Storia

La Storia di Marco Davi 


L’atmosfera è ancora quella di un tempo, quando la contessa Macchi Aline di Cellere, amazzone instancabile nonché vincitrice del concorso Roma, scendeva dalla sella per rimirare le colline di Aprilia dalla vetrata della sua villa anni ’40; le valigie sempre pronte per salire sul primo volo per New York in occasione di qualche evento mondano. Invariati sono rimasti gli ambienti, con l’eccezione della cucina ammodernata, i pavimenti e perfino le belle piastrelle dei bagni, le librerie e gli arredi fra i quali Marco Davi ha sparpagliato tavolini in legno e poltroncine in cuoio dall’effetto anticato. Per una sensazione di agio e casa.


Alberto Blasetti Ph. / www.albertoblasetti.com<
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Ed è stata la svolta gourmet per un cuoco atipico, gastronomo prima ancora che chef, rimasto a lungo in panchina per ragioni strettamente familiari e capace di reinventarsi oltre ogni convenienza, a sorpresa. “Il bar Davi esiste dal 1973: lo hanno fondato i miei genitori ad Aprilia e ci sono cresciuto dentro. Dopo l’alberghiero ad Anzio avrei voluto girare, ma ho dovuto assumermene la responsabilità e questo ha comportato un lungo stop nella mia formazione, durante il quale mi sono divertito ad ampliare l’offerta salata.

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Finché a 28 anni non ho deciso di rimettermi in gioco e ho cominciato a girare, partendo dal mio chef di riferimento, Lucio Pompili, passando per Mauro Uliassi e la scuola del Gambero Rosso; ho lavorato come cuoco a Taormina, Vulcano, Venezia e Formentera, sempre con mia moglie Feliciana al fianco, che oggi è in sala. Ma tante cose le ho imparate da solo, con le ginocchia sotto le tavole più importanti del mondo, dai Paesi Baschi alla Francia, alla Scandinavia. E leggendo: nella mia biblioteca conservo centinaia di numeri delle più belle riviste e tantissimi libri di cucina”.

Alberto Blasetti Ph. / www.albertoblasetti.com
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Al bar, ristrutturato nel 2013 con una cucina professionale, si sono così affiancati l’enoteca, aperta sempre ad Aprilia nel 1998, con oltre 120 etichette, un fornello per i piatti veloci, un’offerta di salumi e formaggi, e il primo ristorante Perbacco, oggi in stand by per la partenza del nuovo indirizzo. La location è suggestiva, con il suo cuscinetto di 40 ettari adibiti a maneggio, prossimamente b&b, banchettistica e trattoria di campagna, più altri 20 di bosco; mentre al piano superiore è previsto l’allestimento di suite che completino un bucolico resort a pochi chilometri da Roma.

Alberto Blasetti Ph. / www.albertoblasetti.com
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Con la complicità del proprietario Sandro Traccitto, Davi vi opera da meno di un anno, in continuità con il vecchio Perbacco e il bar: la sua è una cucina contemporanea di mercato, che nasce ogni mattina visitando di persona i banchi del contadino e del pescivendolo al Mercato delle Erbe di Aprilia, in cerca di prodotti locali e stagionali. Al bar si trasformano in una carta del pranzo composta da 3 primi, 3 secondi, 1 dolce e contorni vari, tutti espressi e segnalati su una lavagnetta al prezzo di 6-14 euro in stagione di tartufo; mentre nella villa della contessa le idee estemporanee sono testate intorno alle 18 con il secondo Omor Faruq prima di stampare il menu. Cosicché tutto viene lavorato da fresco e la linea è continuamente rifatta.

Alberto Blasetti Ph. / www.albertoblasetti.com
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“È vero che questa zona non ha storia: Aprilia è stata bonificata nel 1937 e nel 1934 mio nonno era già sceso in bicicletta da Cittadella per mettersi all’opera. Non abbiamo appartenenze gastronomiche, se non le nostre tradizioni familiari, venete nel mio caso; poi nel tempo si è sviluppata qualche tipicità, il coniglio di Lanuvio come il kiwi. Prodotti di cui non chiedo mai il prezzo, perché se mi piacciono, li compro. E quando decido di conoscerli, non mi ferma più nessuno. Prendiamo il pesce: ho iniziato ad andare all’asta, mi posizionavo vicino a un grossista che consideravo un connaisseur e qualsiasi cosa passasse, lo interrogavo; ho familiarizzato con l’astatore e gli Spadari siciliani, sono uscito in barca con i pescatori, ho approfondito le tecniche, il palangaro, la paranza, la lampara.

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Oppure la carne: per tre mesi ho lavorato di pomeriggio nella macelleria di un amico, assistendo allo smontaggio e alla selezione dei pezzi. La prima persona che mi ha fatto conoscere il vino nel 1984 è stato Sandro Sangiorgi al Fioretto di Latina, il ristorante di famiglia; ricordo che iniziò da un Grignolino. Poi nel 1994 sono rimasto folgorato da Gravner e ho approfondito la conoscenza dei vini ‘naturali’”.

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I Piatti

Il risultato è un menu degustazione flessibile da 8 portate ad appena 48 euro, compresi benvenuto e fraindises, accompagnato da una carta dei vini che conta 120 etichette sottoposte a veloce rotazione; il pane è Bonci, l’olio locale ma gentile, da cultivar itrana (frantoio Sergio Rossetti). I piatti sono irripetibili, ma sempre rappresentativi di un approccio coerente e solido: un concentrato di studio, passione e divertimento.

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Per esempio l’involtino di calamaro, assottigliato con il batticarne fra due fogli di carta da forno, per una testura burrosa e una sensazione pseudograssa, poi avvolto crudo attorno a uno spicchio di melanzana cotta sottovuoto a 54 °C con aceto di Sherry, più una spolverata di amaranto croccante al posto del pane.

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Oppure i gamberoni di Porto Santo Spirito, crudi e spennellati dell’estratto delle loro teste, ricavato in olio scaldato a 36 °C, più il macco di fave per le note tostate e il leggero amaro, il passion fruit per l’acidità.

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E ancora, perché no, la tartare di marchigiana frollata per 65 giorni e battuta al coltello, servita con la cipolla sbollentata e passata in forno a 280 °C per 35 secondi, in modo da aprire e asciugare gli strati, la carota sbollentata e piastrata, la laccatura di fondo delle ossa. “Marchigiana in omaggio a Lucio; frollata per un esperimento. Abbiamo messo da parte un pezzo e lo abbiamo assaggiato ogni 10 giorni, per verificare l’evoluzione. Abbiamo così constatato che dopo quel tempo la piacevolezza era al massimo per consistenza, grassezza e gusto deciso; ma l’esperimento prosegue”.

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La linguina è cotta nell’estratto di gambi e foglie di broccoletti, precoci quindi dolci, saltata con un fondo di aglio, olio e peperoncino e mantecata con altro estratto; viene servita con una foglia fritta di broccoletto e una spolverata di porchetta, ottenuta frullando la cotenna sgrassata ed essiccata in forno con pepe e finocchietto.

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Mentre i ravioli sono preparati con la pasta tutta tuorli, una farcia di ricotta romana La Quercia e pecorino di Pienza stagionato, tartufo nero uncinato, estratto di cicoria e crema di mandorle.

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Per secondo può capitare il cuore, sgrassato e cotto sottovuoto per 3 ore a 56 °C, rosato come un roast-beef, condito con olio e aceto di Sherry, poi servito con cicoria sbollentata e pan brioche al prezzemolo. “Quinto quarto ma dolce, con l’amaro in contrasto”.

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I dessert infine recano l’impronta di Marion Lichtle, pastry chef del Pagliaccio. “Qualche anno fa le ho chiesto di tenere qualche corso da me, poi nel 2012 le ho fatto da commis per 3 mesi, al fine di imparare. Cosicché ogni tanto teniamo cene a 4 mani, intervallando dolce e salato. Amo il suo stile, senza eccessi stucchevoli: più che dolci, i suoi sono piatti”. In questa stagione tocca alla purea di marroni sbollentati al naturale e alla ricotta lavorata a frusta sempre senza zucchero, entrambe servite a ciuffi con una purea di cachi al passion fruit per l’acidità e il tannino e una cialda di farina di castagne per il croccante.

Tutte le fotografie dell'articolo sono di Alberto Blasetti

La fotografia di copertina è di Andrea Di Lorenzo

 

Indirizzo

Ristorante PerBacco

Via G. Marconi 8 - 04011 Aprilia (LT)

​Tel. +39 06 9275105

Mail: perbaccoenoteca@libero.it

Il sito web del ristorante

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