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La montagna incantata: Locanda Margon di Alfio Ghezzi

di:
Alessandra Meldolesi
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Algfio ghezzi copertina 970

È una cucina straordinariamente sapiente quella di Alfio Ghezzi, primo cuoco trentino, che a Locanda Margon interpreta la montagna incantata.

La Storia

La Storia di Alfio Ghezzi


Dolomiti, ma versante sud. È una montagna incantata quella che ogni giorno scala Alfio Ghezzi nella cucina di Locanda Margon, alle porte di Trento. Lui che è nato e cresciuto in un paesino nei pressi di Madonna di Campiglio, su costoni più dolci, soleggiati e italiani di quelli cui siamo abituati al ristorante. Da lì il suo percorso è stato un trekking forsennato che si è concluso in slavina: due stelle Michelin, il prestigioso blasone delle Soste per quello che è unanimemente considerato il primo cuoco della regione. Fra i più sapienti della cucina italiana in generale.

1 Locanda Margon<
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Mi sono interrogato tante volte sul tempo perduto. Rammaricandomi. Ma forse è stato proprio il ritardo a motivarmi quando finalmente ho trovato la mia strada: ho messo bene a fuoco il mio scopo, in modo da perseguirlo nel modo migliore”, dice oggi. “La cucina mi ha stregato da piccolo, nell’albergo di amici di famiglia che frequentavo in estate. Poi ho iniziato l’alberghiero, senza portarlo a termine, e intrapreso studi in lettere moderne, anch’essi interrotti. Ho vinto un concorso e lavorato per 7 anni nella formazione alberghiera. Ma a intervalli regolari si è fatta largo una frattura. È stato così che ho sentito l’esigenza di tornare nel mondo della cucina cucinata. Ed è stato il mio vero cominciamento professionale”.

1.2 _Locanda Margon Salotto Gourmet<
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Da insegnante mandavo i ragazzi in stage ed è stato così che ho conosciuto Ettore Bocchia. Nel 2003 gli ho chiesto di darmi una mano e dopo 7-8 mesi a Villa Serbelloni mi ha messo in contatto con Marchesi. Ho trascorso un breve periodo a Erbusco, poi 3 anni e mezzo in Francia e a Roma, per consulenze varie. Si è instaurato subito un feeling particolare, perché ha avvertito in me una certa sensibilità, ad esempio per la cultura umanistica, ma anche delle affinità nell’approccio semplice e diretto alla materia, senza manipolazioni di troppo, in sintonia col suo minimalismo. Sono stato subito promosso responsabile della cucina, ruolo che ho ricoperto finché Berton non mi ha cercato. Gli serviva un braccio destro al Trussardi: ci sono rimasto altri 3 anni, durante i quali si è generata una chimica speciale, che ci ha consentito di raggiungere traguardi importanti. Mentre con Marchesi parlavamo soprattutto del prodotto e di come mantenerlo puro, insomma di filosofia della cucina, da Berton ho approfondito la gestione e la cura del dettaglio, l’organizzazione e la crescita”.

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Ci sono altri aspetti per cui la mia formazione atipica e la mia vocazione tardiva hanno giovato: competenze che apparentemente possono sembrare lontane dalla cucina, ma che ho ritrovato successivamente e che oggi mi sono indispensabili. Penso alla capacità di apprendere, studiando privatamente, e di lasciarsi stupire di chi vuole crescere, sebbene il mio resti un approccio ‘semplice’, fondato sulla riconoscibilità degli ingredienti, sulla puntigliosità dei gusti e delle cotture, senza la tentazione di strafare. E penso anche alla cultura umanistica. ,Il cibo è espressione di un territorio, richiede la capacità di leggere alcune tradizioni e rielaborarle con la simultanea apertura verso culture lontane, che però possono arricchire. Cerco spesso di leggere quello che faccio: dapprima c’è un momento descrittivo, di recupero della tradizione, poi un momento assertivo, che può essere slegato dal contesto, riferirsi a un’esperienza passata o a un altrove. Mi piace pensare che questi elementi restino impigliati nella rete della memoria dello chef, che li va a cogliere per dare una nota al piatto”.

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Ed è questa la formula della Locanda Margon, dove Ghezzi arriva nel 2010 grazie alla mediazione di Berton, per dirigere il ristorante delle Cantine Ferrari, senza che il rinnovamento si arresti. “Nel 2016 mi sono sentito di nuovo un po’ fermo e ho avvertito l’esigenza di reagire, così ho ricominciato a girare per cercare nuovi stimoli, senza perdere la mia linea, ormai riconoscibile: una cucina territoriale di sostanza, con un uso misurato dell’acidità, senza punte scorbutiche. Classica nella sua rotondità, con qualche piatto rock qua e là per spezzare i percorsi lunghi”.

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Territorio però non significa necessariamente prossimità.Importante piuttosto è riconoscere i prodotti di qualità e saperli valorizzare. Per esempio, se amo il suinetto cinturello orvietano, perché non dovrei usarlo? In zona abbiamo sviluppato collaborazioni con piccoli produttori e allevatori, mi vengono in mente l’olio del Garda trentino, le confetture di frutta e verdura, l’itticoltura in acqua viva, recuperata dai torrenti, la carne di yak, che pascolano fra 1600 e 2000 metri”. In particolare è ormai una firma il pesce di acqua dolce, nello specifico trota salmonata, temolo, salmerino e salmo carpio, salmonide endemico nelle acque profonde del lago di Garda, dalle carni sode e pure.

I Piatti

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I menu degustazione sono tre: I Classici di Locanda Margon (4 corse a 90 euro), La Suggestione Terroir (4 corse a 80 euro) e La Suggestione Bollicine, con i calici di casa Ferrari a 170 euro, dove i piatti sono studiati insieme all’enologo Ruben Larentis. “Il ristorante nasce dal desiderio di una cucina che favorisca l’abbinamento con il Trentodoc o lo utilizzi come ingrediente. Quindi i binari sono spesso tracciati, nel senso che bisogna lavorare sulle dolcezze, un piatto non può vincere sul vino, di volta in volta occorre evitare determinate concentrazioni, ingredienti e spezie. È necessaria una cucina tonale, non di timbro”. Ma la carta dei vini guarda oltre con una selezione nazionale e internazionale e un’appendice dedicata alla collezione privata della famiglia Lunelli.

7 Come una mozzarella in carrozza e Cannolo di semi di lino (2)<
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Si comincia con il Croccante di benvenuto: la brioche al vapore svuotata, farcita di mozzarella, richiusa e fritta, sormontata da acciuga e maggiorana, e il cannolo di pasta di semi di lino, albumi e fecola, riempito con un curioso “formaggio” di pasta fermentata. È nato sul modello del bulgur libanese fermentato per 20 giorni, cuocendo grandi formati, poi essiccati a 55 °C, frullati e rimpastati con sale e acqua minerale. L’impasto fermenta in una coppa di vetro alla temperatura di 16 °C e quando sviluppa i suoi aromi di taleggio, è pronto per la farcitura insieme a polvere di olive e lampone liofilizzato.

8 Raviolo di mela, mortadella e mele al FerrariPerlè (2)<
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9 Wafer di sesamo, mortadella piccante e miele (3)<
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Grissino di grano saraceno, pino mugo e erbe spontanee (4)<
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Poi la seconda sequenza di appetizer, denominata “Omaggio al territorio”. Prende le mosse dal raviolo di purea di mela essiccata ripieno di mortadella frullata e mela marinata nel Trentodoc, sul modello di un classico festivo: pane, vino e mortadella. Poi il wafer al sesamo con mortandela, peperoncino e miele; il grissino soffiato di grano saraceno al tè lapsang con crema di patate e pino mugo, erbe e fiori spontanei; il porcino di polenta frullata ai funghi secchi, sul modello della panissa ligure. Il benvenuto è uno sgombro (pesce da sempre presente sott’olio nelle dispense trentine) rassodato in salamoia e affumicato, servito con crema sifonata di patate al prezzemolo, maionese di albumi al succo di rafano e cavolo nero al burro nocciola, sul modello delle insalate coriacee di montagna condite al lardo.

10 (Funghi) Pioppini in tempura (2)<
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11 Funghetto (1)<
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È impattante il piatto dedicato ai Funghi, come stagione comanda. Inizia con un intero pane di chiodini in tempura, dalla piacevole consistenza appena cartilaginea, serviti su un letto di champignon spadellati e una crema di porcini per spingere l’umami; prosegue con un crostone di pane, burro salato e tartufo, più qualche lamella di castagna quale trait-d’union con i funghi; chiude con il cappuccino modello Chapel, ottenuto però per estrazione da funghi champignon lasciati in forno per 12 ore a bassa temperatura, frullati e schiacciati. Alla loro acqua di vegetazione vengono uniti prima dell’emulsione birra, panna acida e funghi secchi.

12 Ravioli di gallina al burro versato, crema di capperi e caffè (2)<
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12.1 Ravioli di gallina al burro versato, crema di capperi e caffè (5)<
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I ravioli di gallina sono un classico del ristorante, declinato in modo variabile. Preparati con la sfoglia sottile dei tajarin e un ripieno di cosce in umido macinate, pancetta affumicata, parfait dei fegatini e Parmigiano, sono conditi con una crema di capperi approntata come una salsa tonnata, con uovo, olio, vino bianco e fondo di vitello, più una spolverata di caffè per una reminiscenza di Alajmo.


immagini per Locanda Margon Trento 2016<
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Anche Patate patate patate è un signature. “Si tratta di un omaggio all’agricoltura di montagna, dove manca lo splendore mediterraneo e si coltiva ciò che sta nella terra. Quindi lo gnocco come ricordo d’infanzia, la crema sifonata di patate al salmerino affumicato, ottenuto dai ritagli, sopra la polvere di pancetta affumicata e quella di patate viola cotte in acqua satura, per l’effetto cenere, senza dispersione di gusto”.

14 Trota marmorata, rapanelli e salsa di sedano rapa alla griglia (2)<
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Ma Ghezzi dà il meglio di sé nel comparto secondi, a tu per tu con il pesce di acqua dolce. Vedi la trota marmorata, pescata nei torrenti di montagna oltre i 1200 metri, dalle carni sode e pulite. Per non buttare via niente, la pancia e la coda insieme a panna e dragoncello essiccato vengono ridotte in una mousse, poi spalmata sul filetto a simulare la pelle. Sul piatto con barbabietola, yogurt fiammeggiato in teglia per il leggero amaro, senape, rafano ed erbe.

15 Animelle di Vitello<
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15.1 Animelle di Vitello (5)<
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Oppure il quinto quarto, passione di lunga data. In questo caso l’animella con doppia panatura ai grissini, prima fine, poi più grossolana ma su un lato solo, per il crunch perfetto. Alla sua dolcezza si abbinano lenticchie beluga, ravanelli marinati e sbollentati.

16 Miele, noci, polline e rabarbaro (3)<
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Chiude il dessert al miele ispirato al Medavik, tradizionale millefoglie russo composto di biscuit sottile alle noci e crema di formaggio acidulo al miele, rielaborato in forma di cialda cosparsa di miele al tarassaco di Paternoster, leggermente amaro, e polline, più un sorbetto di rabarbaro, cotto con lo sciroppo fino a 42 gradi brix, per la perfetta consistenza da gelato, e aggiunto in forma di centrifugato a 24 gradi brix, per recuperare il fruttato fresco.

Indirizzo

Ristorante Locanda Margon

Via Margone di Ravina n 15 - 38123 Trento

Tel. +39 0461 349401

Mail contact@locandamargon.it

Il sito web https://www.locandamargon.it

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